La ricerca di Massimo Giordano e Riccardo Lanzo fra le sentenze della Cassazione

Diritto all’oblio, vale anche per l’informazione

Riccardo Lanzo e Massimo Giordano

NOVARA – Non solo per il mondo dell’informazione e quello dell’economica. Il digitale ha cambiato anche la professione degli avvocati che si trovano alle prese con differenti frontiere giuridiche, in larga misura ancora da esplorare.
A questi problemi si stanno dedicando da tempo gli avvocati Massimo Giordano e Riccardo Lanzo che, di recente, hanno pubblicato un testo sul “Diritto all’oblio e motori di ricerca” (Key editore, 206 pagine, 21 euro). Oltre che uomini di legge, entrambi hanno e hanno avuto ruoli significativi nel mondo della pubblica amministrazione.
Giordano è stato sindaco di Novara e Lanzo è consigliere regionale del Piemonte in quota Lega, il che significa che, alla conoscenza dei codici, entrambi aggiungono la sensibilità che viene dalla frequentazione della politica.
Internet – questa la loro constatazione iniziale – nella sua memoria poderosa conserva tutto e quel tutto è a disposizione di chiunque, a qualunque latitudine. Ma per sempre? Insieme ai diritti insiti nell’informazione, di conoscere e di sapere, esiste anche quello di essere dimenticati e di non vedere questioni, datate nel tempo, riesumate anche arbitrariamente.
Giordano e Lanzo hanno setacciato fra le sentenze dei tribunali e della Corte di Cassazione ricavandone una statistica appropriata.
Ad esempio, in Sardegna, un giornale aveva presentato ai lettori una serie di articoli che davano conto di delitti avvenuti negli anni e nei decenni precedenti. Il protagonista di uno di quei reportage si è rivolto al tribunale sostenendo che rivangare nel suo passato, per altro piuttosto remoto, rappresentava una gratuita irruzione nella sfera personale. Ha dovuto arrivare sino all’ultimo grado di giudizio ma, alla fine, i giudici di Cassazione gli hanno dato ragione.
Non c’è nessun diritto di cronaca che autorizzi il riproporre vicende che hanno esaurito la loro carica di interesse immediato.
E ancora: la vicenda di una ex terrorista è stata riproposta perché, nei pressi di casa sua, era stato ritrovato un arsenale di armi. La Suprema Corte ha censurato la pubblicazione dell’articolo con la motivazione che “la storia degli anni di piombo è cementata nella memoria collettiva” e, tuttavia, diventa arbitrario utilizzarla per avvenimenti privi di collegamenti diretti.
In questo caso “se non in via del tutto ipotetica, non esiste un riferimento oggettivo con quei fatti e con quell’epoca”. L’interesse pubblico anche nel riesumare episodi anche molto lontani prevale invece se si tratta di personaggi pubblici che, per definizione, devono potersi mostrare del tutto trasparenti.
Un politico che aspira ad un incarico che coinvolge interessi collettivi deve poter raccontare tutto si sé e accettare di essere giudicato per ogni questione nelle quali si è trovato coinvolto.
A volte il confine fra ciò che si può e ciò che non si può pubblicare non è così facilmente individuabile, ma la ricerca di Giordano e Lanzo sul diritto all’oblio rappresenta un vademecum opportuno. Questa pubblicazione, tra l’altro, è la quinta, a loro firma, che indaga nel mondo del virtuale dopo “Diritto di Facebook”, “Privacy sul luogo di lavoro”, “Coronavirus: le domande più frequenti” e “Data Breach e privacy”. (giornalistitalia.it)

 

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