ROMA – «La mia vita è legata alla musica da quando avevo 3 anni. Mio padre mi comprò un piccolo pianoforte giocattolo e mia madre, quando mi sentì strimpellare le note di Carosello con un dito, capì subito che la musica sarebbe stata la mia vita».
Danilo Amerio, cantautore, compositore e produttore italiano, racconta a Giornalisti Italia cosa lo ha spinto a dedicare la sua vita alla musica.
– La tua carriera è inizia a 14 anni. Cosa accadde?
«Dall’età di 6 anni mia madre mi portava a fare concorsini canori perché, oltre a suonare, mi piaceva cantare e scrivere canzoni che registravo accompagnandomi al pianoforte. Verso i 14 anni mi portò a fare il giro delle case discografiche per fare ascoltare i miei brani e dopo un po’ di porte in faccia trovai una casa editrice che li fece sentire a Nicola di Bari, il quale volle cantare uno dei brani di quella cassettina. Fu allora che capii che quello sarebbe stato sicuramente il mio percorso».
– Giancarlo Bigazzi…
«Il mio incontro con Giancarlo Bigazzi fu sicuramente una svolta per la mia vita. Grazie a lui ho lavorato con i più grandi artisti del momento imparando molti segreti della composizione che ancora oggi mi porto dentro. Per me è stato il mio più grande maestro».
– Pippo Baudo…
«Pippo, secondo me è ancora oggi il più grande anchorman di tutti i tempi. Lui sapeva stare contemporaneamente davanti e dietro la telecamera, presentava e dirigeva la regia allo stesso tempo, credo avesse il dono dell’ubiquità… Mi ha dato molto durante i miei Festival di Sanremo e devo a lui anche un po’ della mia carriera, gli voglio bene come a un padre».
– “Buttami via” è stato il tuo primo brano…
«Buttami via è stato il primo brano cantato da me, che mi ha dato un po’ di popolarità subito dopo il Cantagiro e il mio primo Festival di Sanremo giovani nel 1992. Andò molto bene nelle radio e fu il brano che fece capire alla mia casa discografica che potevano continuare a puntare su di me e così fecero portandomi a Sanremo negli anni successivi».
– La tua esperienza a Sanremo?
«La mia esperienza al Festival di Sanremo è stata una delle cose più affascinanti e terrorizzanti che mi siano mai accadute. Salire per la prima volta su quel palco e sapere che avrei messo in gioco tutta la mia vita musicale è stato come puntare tutto su un numero al casinò: non puoi sapere cosa succederà dopo, puoi piacere a tutti o a nessuno, o ancora peggio rimanere indifferente. Fortunatamente sono piaciuto e ho continuato per qualche anno a portare la mia musica su quel palco, sia cantata da me che da altri amici artisti».
– Sanremo è molto cambiato, in cosa soprattutto?
«Il Festival di Sanremo è cambiato solo nell’importanza che dà alla musica. Un tempo era protagonista, infatti si chiamava Festival della canzone italiana, ora la canzone è passata un po’ in secondo piano, sono più importanti i gossip, i pettegolezzi, gli scandali e i nomi degli artisti anche se la canzone non è così forte.
A me spesso hanno chiesto un brano per un artista già sicuro di entrare a far parte del cast, senza avere la canzone, insomma l’opposto di quello che era un tempo, dove la stessa canzone era cantata da due artisti diversi, proprio perché era la canzone la protagonista e non il cantante».
– Da autore ci racconti uno dei tuoi aneddoti più curiosi?
«È difficile parlare di un aneddoto curioso nella mia carriera da autore. Ce ne sono così tanti da avere molta difficoltà nello sceglierne uno. Sicuramente quello che mi viene in mente più facilmente è quello di “Donna con te”, che è partito come brano per Patty Pravo ma a gennaio del 1990, mentre a Roma l’orchestra stava già provando il brano nella tonalità di Nicoletta, io e lei abbiamo iniziato a litigare per una frase che a lei sembrava volgare, “le tue mani su di me stanno già forzando la mia serratura”… cosa assurda, ma che ha portato ad un litigio che ha fatto interrompere il nostro rapporto lavorativo. Tornai, così, alla casa discografica dicendo che non si poteva continuare e cercammo una nuova artista per quel brano all’ultimo secondo… la trovammo e con Anna Oxa fu un vero successo».
– Come produttore che tipo di artista produrresti oggi e perché?
«Ce ne sono diversi che mi piacciono molto, uno è Ultimo, che ha una scrittura moderna e classica al tempo stesso, unendo la melodia della musica italiana alla musica odierna. Un altro è assolutamente Mahmood, mi fa impazzire la sua voce con quel suono a volte “gutturale arabo” e le sue melodie molto vicine ai miei gusti odierni».
– La musica salverà il mondo?
«Ah ah ah. Addirittura… non credo che questo mondo si possa salvare con la musica. Purtroppo sta andando tutto in una direzione ostinata e contraria alla logica e al buon senso, però posso dire che qualcosa la musica la può fare, cioè salvare qualche persona ad allontanarsi dalle droghe e dalle brutte compagnie.
Quando la fai e ti entra nel cuore e nelle vene ti può togliere la voglia di assumere sostanze per volare… la musica è il volo più bello che ci sia».
– Il tuo ultimo lavoro?
«Il mio ultimo lavoro è uno spettacolo d’arte varia che vorrei portare in giro per i teatri, si chiama “Danilo Amerio Circus” ed è un mio concerto coreografato da numeri circensi diversi per ogni brano. Uno spettacolo che ho già provato qualche tempo fa ma che è stato bloccato dal “covid”. Ha avuto molto successo e mi piacerebbe riportarlo nei teatri. Ho poi un nuovo progetto musicale del quale non voglio ancora parlare per scaramanzia… sai, gli artisti sono un po’ scaramantici… In ogni caso il mio motto è: devi saper gettare il passato alle spalle se vuoi andare avanti». (giornalistitalia.it)
Serena Maffia