Il segretario del Sindacato dei giornalisti somali, Omar Faruk Osman, nella sede Fnsi

Corruzione e impunità imbavagliano la Somalia

Da sinistra: Shukri Said, Omar Faruk Osman e Raffaele Lorusso (Foto Giornalisti Italia)

ROMA – Con il nuovo presidente, Mohamed Abdullahi Mohamed, detto Farmajo, insediatosi un anno e mezzo fa, la Somalia ha intrapreso un percorso per garantire maggior rispetto dei diritti fondamentali come quello d’espressione, “ma i pericoli per i giornalisti non sono finiti. Abbiamo una legge sulla stampa ancora draconiana e repressiva, e il cambiamento è frenato dalla corruzione e il senso d’impunità”. Lo dice Omar Faruk Osman segretario generale del Sindacato dei giornalisti somali, nell’incontro organizzato a Roma dalla Fnsi con il segretario generale Raffaele Lorusso, dedicato proprio alla libertà di stampa e alla sicurezza dei giornalisti in Somalia.
“Gli attacchi alla stampa nel mio Paese sono stati molto violenti – ricorda Osman – negli ultimi 5-7 anni sono stati uccisi 64 giornalisti, uno anche l’anno scorso con una bomba sotto la sua auto. Le uccisioni si sono fermate. Ed è così anche per gli arresti, almeno nella parte centrale e meridionale della Somalia, dove non sono molto efficaci, mentre continuano nel resto del Paese”.
Nel nuovo governo, “ci sono ministri molto capaci, come quello agli affari Umanitari o quello agli Affari Costituzionali, ma ad ostacolarli ci sono i tanti funzionari rimasti al loro posto dai passati governi. Sono gli stessi che continuano la campagna per controllare e dominare i media. Noi abbiamo chiesto che si smantelli questo sistema”.
È in corso una revisione della legge sulla stampa, “ma noi l’abbiamo contestata anche con un’azione in Parlamento, perché alcuni articoli della riforma sono pessimi. Si chiede, ad esempio, che non esistano le associazioni della stampa senza il permesso del governo. Noi, invece, abbiamo bisogno di sindacati liberi e indipendenti”. Un altro punto di confronto “è il finanziamento all’editoria, di cui i giornalisti non vedono un soldo. Sono discrezionali, vanno sul conto dell’editore e sono usati come strumento di pressione e ricatto, per non far scrivere di certi argomenti. Noi chiediamo trasparenza su come vengono erogati e ci battiamo per un salario minimo di 150 dollari al mese. Ora ci sono giornalisti che ne guadagnano appena 20 al mese”.
Anche il sistema giudiziario è in un momento critico: “È stato nominato come presidente della Corte suprema un 36enne che non aveva mai fatto il giudice prima. Oltretutto molte delle nostre leggi sono ancora scritte in italiano, e lui non ne parla una parola”. (ansa)

OMAR FARUK OSMAN: “DIFFICILE TROVARE NUOVE PROVE SUL CASO ALPI”

Ilaria Alpi

“Si potrebbe tentare con una nuova rogatoria internazionale, ma sinceramente penso sia molto difficile ottenere nuove prove sul caso Alpi – Hrovatin”. Così Omar Faruk Osman segretario generale del sindacato dei Giornalisti Somali, commenta la richiesta di archiviazione formulata dal pm di Roma Elisabetta Ceniccola per l’indagine sull’omicidio nel 1994 a Mogadiscio della giornalista Rai e del suo operatore.
Osman ne ha parlato nell’incontro organizzato a Roma dalla Fnsi con il segretario generale Raffaele Lorusso, dedicato alla libertà di stampa e alla sicurezza dei giornalisti in Somalia.
Secondo Osman, che aveva 19 anni quando Ilaria Alpi e Miran Hrovatin furono uccisi, la difficoltà maggiore per avere risposte è la fitta rete di protezione che esiste ancora intorno ad Ali Mahdi, allora signore della guerra di Mogadiscio nord, dove è avvenuto l’attentato. “Forse – afferma – solo un’azione congiunta fra i nostri due Paesi potrebbe servire ad ottenere qualcosa”.

“SOMALIA, LIBERTA’ DI STAMPA SOTTO ATTACCO, SERVE UNA NUOVA LEGGE”

“La Somalia ha bisogno di una nuova legge sui media: la libertà di stampa è ancora sotto attacco. Il disegno di riforma proposto mantiene 16 articoli della legge precedente, che impone un sistema repressivo, in contrasto con i principi costituzionali e il diritto internazionale”. Così, all’agenzia di stampa “Dire’”, Omar Faruk Osman, segretario generale del Sindacato dei giornalisti somali, intervistato a margine di una conferenza organizzata a Roma dalla Fnsi.

Mohamed Abdullahi Mohamed Farmajo

La Somalia, a febbraio 2017, con l’elezione del presidente Mohamed Abdullahi Mohamed Farmajo, ha visto il rinnovo dei vertici di governo. Molti giornalisti incarcerati sono stati liberati, e riaperte le testate costrette alla chiusura.
Osman si dice soddisfatto di questo esecutivo, il primo eletto dopo la lunga fase di transizione politica seguita a 20 anni di guerra civile: “Molti dei nuovi ministri sono persone in gamba e stanno implementando molte riforme, per esempio nel settore delle infrastrutture, per far ripartire l’economia”.
Resta, però, il problema dell’impunità: “Personaggi appartenenti al governo precedente sono rimasti al loro posto nei ministeri e nella pubblica amministrazione: si tratta di funzionari accusati non solo di ruberie e corruzione, ma anche di attacchi alla stampa”. Per questo il Sindacato sta guidando una campagna “per chiedere a Farmajo e all’attuale ministro dell’Informazione di cambiare le cose. Soprattutto, vogliamo partecipare alla stesura della nuova legge”. Inoltre si chiede “l’abolizione dei fondi pubblici all’editoria: è un sistema sbagliato, perché consente allo Stato di controllare il lavoro dei giornalisti e applicare la censura”.
I fondi, spiega Osman, vengono attribuiti o revocati in modo discrezionale: “Se un articolo è critico nei confronti del governo, la testata riceve pressioni al punto che il pezzo può essere rimosso e il giornalista licenziato”. Poi c’è il problema del salario minimo: “Non solo in editoria, ma anche negli altri settori il contratto nazionale non è disciplinato. Per questo assieme alle altre sigle stiamo chiedendo di fissare la soglia a 150 dollari al mese. Oggi un cronista prende tra gli 8 e i 20 dollari, un direttore 600”.
Infine, il tema della sicurezza: “Mogadiscio è più sicura, ma gli attacchi degli Shabaab non si sono arrestati. Non siamo ai livelli degli anni precedenti – tra il 2000 e il 2016, ben 55 giornalisti hanno perso la vita, stando al Committee to Protect Journalists, ndr – ma nell’ultimo hanno ne sono morti quattro, tre dei quali rimasti uccisi in attacchi bomba”.
L’instabilità domina nelle regioni contese del Somaliland e del Puntaland, un terreno caldo anche per i cronisti: “In quelle aree si sono registrati ancora arresti arbitrari, ben sei, mentre due emittenti televisive sono state costrette a chiudere”.
La partita per questo nuovo governo si gioca nei prossimi due anni, secondo il sindacalista. “Si devono adottare le riforme necessarie – dice Osman – prima delle elezioni legislative del 2020 o 2021”. Una di queste riguarda l’indipendenza del potere giudiziario.
“Di recente – spiega il segretario generale – il capo della Corte suprema è stato licenziato e sostituito con un giudice di 36 anni. Si tratta di una persona senza esperienza, che non ha prestato servizio neanche nei tribunali provinciali. Inoltre, non conosce l’italiano, lingua in cui sono scritte molte nostre leggi: come può amministrare la giustizia se non conosce le leggi?”.
All’agenzia “Dire” Osman ricorda: “La Somalia è collassata proprio a causa delle ingiustizie e delle violazioni dei diritti umani. Un sistema giudiziario forte, indipendente e credibile è cruciale in questo momento storico, affinché ottenga la fiducia delle persone e si vada verso la stabilizzazione definitiva del Paese”. (dire)

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