Confindustria Radio Tv e Alpi Radio Tv: “Legittimati i criteri su dipendenti e ascolti”

Contributi Tv locali, come influisce la sentenza

ROMA – La sentenza n. 7878/2022 del Consiglio di Stato sui contributi pubblici del 2016 e 2017 alle tv e alle emittenti radiofoniche locali, riportata ieri da Giornalisti Italia, se da un lato ha accertato «la violazione del pluralismo dell’informazione e ha accertato l’illegittimità di un meccanismo che viola il principio di concorrenza e che nei fatti ha rischiato di determinare un effetto oligopolistico anche sul mercato delle televisioni locali», dall’altro ha suscitato preoccupazione tra le emittenti televisive che hanno percepito il contributo.
Si precisa, intanto, che la sentenza non ha annullato l’intero Regolamento di cui al Dpr 146/2017, ma solo l’art. 6, 2° comma, dando alla Pubblica amministrazione il potere di rideterminare, per gli anni 2016 e 2017, i contributi dovuti in favore dei concorrenti già graduati.
Per i presidenti dell’Associazione Tv Locali di Confindustria Radio Tv e dell’Alpi Radio Tv, infatti, «la sentenza non annulla il Regolamento ma, al contrario, lo rafforza attraverso la legittimazione definitiva dei più importanti elementi di valutazione, ossia i criteri dei dipendenti e degli ascolti. Il dato d’ascolto Auditel è l’indicatore più oggettivo possibile, in quanto è un valore non alterabile artificiosamente e rappresenta in modo indiretto il valore economico, qualitativo e di penetrazione sul territorio di una impresa televisiva. L’obiettivo del Regolamento è, infatti, proprio quello di premiare le emittenti più performanti e incentivare le altre a migliorare contenuti (spesso inesistenti). Soggetti che hanno investito, creato occupazione, generato ascolti, svolgono un reale ruolo di pubblica utilità».
Si ricorda che l’art. 6, 2° comma, del regolamento di cui al Dpr n. 146/2017, prevedeva una graduatoria nazionale con uno scalino preferenziale in favore dei primi cento classificati operando una netta differenziazione tra le emittenti prime cento classificate e quelle classificate dalla centunesima posizione in avanti. Alla prima categoria di operatori era riservata la quasi totalità della contribuzione pubblica (il 95% dello stanziamento annuale disponibile, oltre che eventuali residui), mentre alla seconda categoria una quota contributiva estremamente ridotta, pari al 5%.
Il Consiglio di Stato ha affermato che si tratta di una scelta normativa incompatibile con gli obiettivi di interesse pubblico imposti dal Parlamento, in quanto introduce una misura incompatibile con il principio del pluralismo informativo. Difatti non si garantisce che in ciascun ambito territoriale vi siano più operatori beneficiari di un effettivo e adeguato finanziamento pubblico, essendo ben possibile che le elargizioni economiche si concentrino presso emittenti, sì caratterizzate da rilevanti dimensioni organizzative, indici di ascolto e spese di investimento in tecnologie innovative, ma operanti in alcuni soltanto degli ambiti regionali presi in esame (corrispondenti, di regola, a quelli più popolati).
Per i supremi giudici amministrativi di palazzo Spada ciò produce anche effetti distorsivi della concorrenza, determinando un (rilevante) diverso trattamento contributivo di emittenti operanti nello stesso mercato, caratterizzate da analoghi livelli di efficienza e, dunque, agevolando irragionevolmente soltanto uno (o un numero estremamente ridotto) di essi nello svolgimento dell’attività di impresa, come aveva peraltro rilevato nella segnalazione n. S3892 l’Autorità garante della concorrenza e del mercato, in quanto la previsione di uno scalino preferenziale, senza accorgimenti idonei a garantire il finanziamento di una pluralità di operatori in ciascun ambito regionale, permetteva di riservare la contribuzione, nell’ambito del singolo mercato locale, in favore di una sola impresa (o di un numero di emittenti insufficiente per la tutela del pluralismo informativo), configurando, pertanto, aiuti illegittimi (anche) sul piano concorrenziale.
A seguito del verdetto del Consiglio di Stato sarà, quindi, compito della Pubblica Amministrazione rideterminare per il 2016 e 2017 i contributi dovuti in favore dei concorrenti già graduati, destinando il 100% dello stanziamento annuale a tutti i graduati, liquidando il contributo a ciascuno di essi spettante in proporzione del rispettivo punteggio per come riportato nella graduatoria approvata (senza, pertanto, l’applicazione dello scalino preferenziale ora annullato e tenendo conto, invece, dei punteggi assegnati in sede amministrativa, in applicazione di criteri selettivi ritenuti legittimi dai giudici amministrativi), nonché regolando, all’esito (anche attraverso la compensazione delle rispettive posizioni creditorie), i rapporti obbligatori nelle more instaurati con le parti private sulla base della disciplina che è stata ora in parte annullata.
In alternativa la Pubblica Amministrazione, per garantire il pluralismo informativo in ogni ambito regionale ed evitare distorsioni concorrenziali, potrà provvedere ad una rideterminazione dei contributi dovuti per l’anno 2016 (e per il 2017) ai concorrenti classificati, con successiva regolazione (anche attraverso la compensazione delle rispettive posizioni creditorie) dei rapporti obbligatori nelle more instaurati con le parti private sulla base della disciplina ora in parte annullata. (giornalistitalia.it)

Pierluigi Roesler Franz

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