Torna in commissione Giustizia del Senato dopo quasi un anno dall’ok della Camera

Che fine ha fatto la legge sul depistaggio?

L'orologio all'esterno della stazione di Bologna, distrutta dall'esplosione della bomba esplosa il 2 agosto 1980, fermo sulle 10.25, l'ora della strage (Ansa)

L’orologio all’esterno della stazione di Bologna, distrutta dall’esplosione della bomba esplosa il 2 agosto 1980, fermo sulle 10.25, l’ora della strage (Ansa)

ROMA – Nei giorni dell’anniversario della strage della stazione di Bologna torna d’attualità il dibattito sulla legge per l’introduzione nel codice italiano del reato di depistaggio. Il provvedimento, dopo l’ok della Camera dei deputati il 24 settembre 2014 è stato assegnato quasi un anno fa alla commissione Giustizia del Senato e, dopo 300 giorni, è stato messo nel calendario della commissione dal 30 luglio scorso per la discussione generale.
“Finalmente! – commenta Paolo Bolognesi, presidente dell’Associazione 2 agosto 80 – Attendiamo la sua approvazione”.
“È importante – dice il capogruppo Pd in commissione Giustizia alla Camera – che il Parlamento approvi definitivamente la legge sul depistaggio. Lo dobbiamo alle vittime della orribile strage di Bologna di cui ci apprestiamo a celebrare il 35 anniversario, lo dobbiamo a tutti coloro che si sono battuti per avere la verità e lo dobbiamo al Paese. La nostra storia è costellata di episodi gravissimi di depistaggio, fatti spesso accertati giudiziariamente. Per questo è importante che non ci siano ritardi nell’approvazione delle nuove norme che introducono il reato di depistaggio nel nostro ordinamento penale, prevedendo un’aggravante se il fatto è commesso da un pubblico ufficiale”.

IL PROVVEDIMENTO

Il testo approvato a Montecitorio introduce nel codice penale il nuovo reato di “inquinamento processuale e depistaggio”. Allo stato attuale il nostro ordinamento penale non prevede tale reato specifico, ma una serie di disposizioni che puniscono la condotta di chi, in vario modo, intralcia la giustizia: basti pensare alla falsa testimonianza, alla calunnia e all’autocalunnia, al favoreggiamento personale, al falso ideologico, alle false informazioni al pubblico ministero. Si tratta – come per il depistaggio – di comportamenti, anche omissivi, volti con diverse modalità ad ostacolare l’acquisizione della prova o l’accertamento dei fatti nel processo penale.
Il provvedimento si compone di un articolo unico. L’articolo 1, comma 1, sostituisce l’articolo 375 del codice penale per punire con la reclusione fino a 4 anni chiunque, con l’obiettivo di sviare l’indagine, modifichi il corpo del reato, lo stato dei luoghi o delle cose o delle persone connessi al reato; distrugga, sopprima, occultare o renda comunque inservibili, anche in parte, elementi di prova o li alteri. La pena è aumentata da un terzo alla metà se il fatto è commesso da un pubblico ufficiale o da un incaricato di un pubblico servizio nell’esercizio delle funzioni. (Ansa)

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