La Francia ricorda la strage in redazione. Il direttore Riss: “Oggi saremmo di nuovo soli”

Charlie Hebdo, 5 anni dopo

La redazione di Charlie Hebdo dopo la strage del 7 gennaio 2015

PARIGI (Francia) – Diciassette morti e l’inizio di un anno nero per la Francia: 5 anni dopo l’assalto jihadista che decimò la redazione del settimanale satirico Charlie Hebdo, la Francia ricorda l’attentato che diede il via a una lunga serie nera, culminata pochi mesi dopo – a novembre del 2015 – nella strage dei bistrot parigini e del Bataclan.
Ad aprire il fuoco durante la riunione di redazione del giornale furono i fratelli jihadisti Cherif e Said Kouachi, che uccisero le 12 persone presenti, giornalisti, operatori, invitati, poliziotti. Fuggirono gridando: «Abbiamo vendicato il profeta Maometto! Abbiamo ucciso Charlie Hebdo!». Morirono, in quell’assalto, firme popolarissime come Charb e Wolinski.
Quarantotto ore dopo, la caccia all’uomo si concluse in una tipografia della banlieue dove i Kouachi furono uccisi dalle forze speciali. Nelle stesse ore, un complice, Amedy Coulibaly, colpì la comunità ebraica prendendo degli ostaggi nel supermercato Hyper Cacher alle porte della capitale. Uccise 4 persone prima di essere a sua volta ucciso dalle teste di cuoio. Il giorno prima, aveva ucciso una poliziotta a Montrouge, a sud di Parigi.

La copertina di Charlie Hebdo a 5 anni dalla strage

«Ieri – scrive Laurent Sourrisseau, detto Riss, direttore di Charlie Hebdo, nel suo editoriale commemorativo – dicevamo “merde” a Dio, all’esercito, alla Chiesa, allo Stato. Oggi bisogna imparare a dire “merde” alle associazioni tiranniche, alle minoranze narcisistiche, ai bloggers che ci bacchettano come maestrine. Oggi il politicamente corretto ci impone ortografia di genere, ci sconsiglia di usare parole che potrebbero disturbare».
Proprio in questi giorni, nell’occasione dell’anniversario, Riss ha pubblicato un libro-pamphlet, significativamente intitolato “Un minuto, 49 secondi”, che è l’esatta durata dell’assalto al giornale in cui lui stesso rimase gravemente ferito.
«Se oggi pubblicassimo di nuovo quelle caricature – scrive Riss – saremmo di nuovo soli. L’attacco non ha reso le persone più coraggiose. Al contrario». (giornalistitalia.it)

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