Nella sentenza a favore di TvZoom storica apertura nei rapporti tra giornalismo e politica

Cassazione: svolta a favore della libertà di stampa

Pierluigi Roesler Franz e la Suprema Corte di Cassazione

ROMA – Libertà di stampa: la Cassazione limita la condanna per diffamazione in sede penale solo a casi ben circoscritti, come nel caso di attacco aggressivo e del tutto ingiustificato ad una persona. Altrimenti nella stragrande maggioranza dei casi potrà scattare l’assoluzione. È un’importante apertura della Suprema Corte di grande civiltà giuridica nei rapporti tra giornalismo e politica.
I supremi giudici hanno fissato questo nuovo principio giuridico di cui ci si potrà avvalere d’ora in avanti: «in caso di diffamazione qualora la notizia abbia ad oggetto l’influenza della politica o di altri fattori sugli stessi mezzi di informazione, la scriminante di cui all’art. 51 codice penale deve essere vagliata, tenendo conto dell’esigenza, portato essenziale di uno Stato democratico, di assicurare un pubblico dibattito sul pluralismo informativo, rinvenendosi, dunque, l’unico limite ad essa in un attacco aggressivo alla persona privo di ogni giustificazione nel contesto della più ampia critica politica che si vuole veicolare ai cittadini».
La sentenza n. 27853 del 29 luglio scorso della quinta sezione penale (presidente Rosa Pezzullo, relatore Rosaria Giordano), può essere quindi definita di notevole rilievo, se non “storica”, perché rappresenta un’indiscutibile svolta nella giurisprudenza del “Palazzaccio” di piazza Cavour a Roma.
Nelle 8 pagine della motivazione si ricorda, peraltro, la recente sentenza n. 44 del 16 aprile 2025 della Corte Costituzionale, secondo cui «il pluralismo dell’informazione, valore centrale in un ordinamento democratico, va ricondotto all’art. 21 della Costituzione e allo stesso carattere democratico della Repubblica, in quanto l’informazione, nei suoi risvolti attivi e passivi (libertà di informare e diritto ad essere informati) esprime una condizione preliminare (o un presupposto insopprimibile) per l’attuazione ad ogni livello, centrale o locale, della forma propria dello Stato democratico».

Il Tribunale di Milano

La Cassazione, nonostante il contrario parere del sostituto procuratore generale Francesca Ceroni che aveva chiesto la convalida del verdetto di 2° grado, ha così definitivamente annullato la precedente condanna inflitta il 12 novembre 2024 dalla Corte d’Appello di Milano a conferma di quella emessa alcuni anni prima dal tribunale meneghino, ed ha quindi prosciolto senza rinvio con formula piena il direttore del quotidiano on line “TvZoom”, Andrea Amato, in qualità di responsabile della testata per l’omesso controllo sulle relative pubblicazioni, e la giornalista Tiziana Leone, autrice dell’articolo incriminato (pubblicato circa 6 anni fa), dall’accusa di diffamazione pluriaggravata dall’attribuzione di un fatto determinato e dall’offesa recata con il mezzo della stampa on line. La Suprema Corte ha quindi accolto integralmente le tesi sostenute nel loro ricorso dagli avvocati Carlo Dalla Vedova e Luigi Ciancaglini, difensori dei due giornalisti.
Questi i fatti. L’11 novembre 2019 sul quotidiano on line TvZoom, con redazioni a Roma e Milano, veniva pubblicato l’articolo dal titolo “La pietosa compravendita delle nomine della Rai dimostra che la politica e viale Mazzini sono una cosa sola”, in cui, secondo l’accusa, sarebbe stata offesa la reputazione del giornalista Milo Massimo Infante, nominato vice direttore dell’informazione di Rai 1, attribuendo una connotazione marcatamente politica all’incarico ricevuto dallo stesso e svalutandone la portata e il prestigio («…alla vicedirezione di Rai 1, la scorsa estate erano attivati con tanto di nomina il leghista Milo Infante …con il compito di occuparsi di rubriche, informazioni e territorio, che è un po’ come quando ti dico che fanno il consulente!»), nonché gettando discredito sulla sua professionalità e sulla sua regolare presenza in ufficio («comunque nessuno li ha mai visti al quinto piano. Non hanno nemmeno un ufficio»).
Secondo la Cassazione tale articolo «aveva in particolare ad oggetto il ritardo nelle nomine di alcuni vertici della Rai dovuto, secondo la prospettazione della giornalista, all’esigenza dei partiti di accordarsi sulle nomine più rilevanti da effettuare. Insieme a quello di altri giornalisti è stato indicato, di qui, anche il nome dell’Infante, associandolo al partito politico della Lega, e di un altro giornalista, che si assumeva essere vicino al Movimento Cinque Stelle, evidenziando che i relativi incarichi di vice direzione non avevano un contenuto preciso e che tali professionisti non avevano neppure un ufficio presso la sede romana della Rai, dove non erano stati visti. Senonché queste affermazioni non possono essere isolate, come è stato fatto dalle decisioni di merito, individuando così nelle stesse un’aggressione ad hominem nei confronti dell’Infante».

La Corte di Cassazione al “Palazzaccio” di piazza Cavour a Roma (Foto Giornalisti Italia)

Ma per la Suprema Corte: «la lettura complessiva dell’articolo e delle finalità ad esso sottese fa ben comprendere, anche ad un lettore medio, che il senso di tali considerazioni era effettuare una critica di carattere squisitamente politico, volta a porre in rilievo che all’interno della Rai erano stati creati posti apicali o semi-apicali, anche non necessari, per soddisfare le molteplici e diversificate aspettative dei partiti politici, aspettative tanto numerose da causare ritardi nelle nomine. Collocate in tale contesto, tali affermazioni, allora, non si traducono in un attacco alla professionalità della persona offesa, poiché esse sono osservazioni funzionali alla tesi sostenuta nella generale prospettiva della critica politica alle modalità di individuazione dei giornalisti preposti alla direzione del servizio pubblico di informazione della Rai. Lo stesso requisito della verità putativa, dunque, avrebbe dovuto essere vagliato non già sull’effettiva presenza in ufficio dell’Infante bensì sulla notizia che mirava a veicolare ai lettori, insieme ad altre, quella informazione, ossia sulla c.d. lottizzazione delle nomine presso la Rai, argomento, questo, di costante e grande rilevanza nel dibattito pubblico da molti anni». Di qui l’assoluzione con formula piena dei due giornalisti «perché il fatto non costituisce reato». (giornalistitalia.it)

Pierluigi Roesler Franz

«È la stampa bellezza, la stampa, e tu non ci puoi far niente, niente!». Humphrey Bogart ne “L’ultima minaccia” (1952) di Richard Brooks, uno dei capolavori del cinema sulla libertà di stampa

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