Appello al Governo francese: necessarie riforme per rafforzare la libertà di stampa

Bollorè censura i giornalisti che scrivono di Africa

Vincent Bolloré

Vincent Bolloré

PARIGI (Francia) – In un pesante “J’accuse”, decine di testate, singoli giornalisti ed esponenti di organizzazioni non governative accusano il gruppo francese Bollorè di gravi violazioni alla libertà di stampa ed espressione. “Di fronte alle azioni giudiziarie bavaglio di Bollorè, noi non taceremo!” è il titolo del testo pubblicato dai media francesi in pieno scandalo giudiziario a carico dell’imprenditore bretone Vincent Bollorè, incriminato per sospetta corruzione in Africa, nell’ambito di un’indagine sulla concessione di porti in Africa.
Inoltre l’appello-denuncia è stato diffuso a poche ore dall’apertura di un processo che oppone tre testate francesi (Mediapart, L’Obs, Le Point), due ong (Sherpa e ReAct), accusate di diffamazione dalla holding lussemburghese Socfin, società nella quale il gruppo Bollorè detiene il 38% del capitale, proprietaria di piantagioni in Africa e in Asia, accusata di acquisizione poco trasparente di terreni su vasta scala.
Il testo firmato da una trentina di media e organizzazioni, tra cui Mediapart, Survie, Reporters sans frontieres, GreenPeace, da giornalisti di Afp, Le Monde, Bfm-Tv, Liberation, Radio France e diverse altre testate rivela l’apertura sistematica di azioni giudiziarie da parte del gruppo Bollorè “quando ci interessiamo alle sue attività, in particolare in Africa”.
Dal 2009 più di una ventina di procedimenti giudiziari sono stati richiesti da Bollorè in Francia o all’estero, denunciando singoli articoli, reportage audiovisivi, rapporti di ong e un libro. Nel 2014, l’agenzia di comunicazione di Bollorè, la potente Havas, ha tentato di annullare più di 7 milioni di euro di pubblicità al quotidiano Le Monde in seguito alla pubblicazione di un’inchiesta sulle attività del gruppo in Costa d’Avorio. In diverse occasioni sono stati censurati o ritirati dalla programmazione documentari che avrebbero dovuto andare in onda su Canal +, di proprietà del gruppo Vivendi.
“Con la moltiplicazione di procedimenti giudiziari con proporzioni inedite – per poi, a volte, abbandonarli in corso d’opera – il gruppo Bollorè ne ha fatto una misura di ritorsione quasi automatica quando si parla pubblicamente delle sue attività africane.
Questi attacchi in giustizia ai danni dei giornalisti si aggiungono ad altri tipi di ostacoli alla libertà di stampa ormai consueti da parte del gruppo”, si legge nel testo-denuncia. Un modus operandi che mira a “fare pressioni, indebolire economicamente e isolare ogni giornalista o organizzazione che dà l’allerta sulle pratiche contestabili dei grandi gruppi economici, come Bollorè, per dissuaderli dall’indagare, per ridurli al silenzio e mantenere il segreto su affari che potrebbero avere risvolti pesanti” prosegue l’appello dei media.
I firmatari del testo avvertono che questo tipo di “procedimento bavaglio” sta diventando la norma, già attuato da diverse multinazionali, tra cui Areva, Vinci, Veolia e la Apple. Ad essere in pericolo è “la libertà di espressione di tutta la catena dell’informazione” e “l’interesse generale”. In conclusione, poiché “informare non è un reato”, i giornalisti chiedono al governo francese delle riforme per rafforzare la libertà di espressione e una maggior protezione delle vittime dei bavagli, sulla scia di quanto fatto in Quebec o in Autralia. (agi)

 

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