Presentato a Roma il Rapporto 2025 a cura di E-media e Istituto Bruno Leoni

Audiovisivo strategico per la comunicazione

La presentazione del Rapporto “Il sistema audiovisivo, anno 2025” al Centro Studi Americani di Roma

ROMA – L’audiovisivo è settore strategico per il sistema della comunicazione e dello spettacolo (creativie industries) e per l’economia e la sfera pubblica. Ma in Italia l’audiovisivo, totale mercato e singole imprese, che ha raggiunto i 15 miliardi complessivamente (spesa lorda utente), nonostante sia in graduale crescita (è del +3,6% il tasso medio nel quinquennio 2017-2023) rimane sottodimensionato rispetto agli altri mercati europei comparabili (Francia, Germania,  Regno Unito, e Spagna, cosiddetti “big 5”).
È questa una criticità, c’è bisogno di una capacità dimensionale adeguata a competere nell’era della “piattaformizzazione dell’economia” dominata da un oligopolio di operatori globali. Ma soprattutto, l’evoluzione del mercato digitale connesso sta dis-intermediando il rapporto editori-utenti, sottraendo e concentrando le risorse pubblicitarie in capo a poche grandi multinazionali, e facendo cadere il valore della “specializzazione funzionale del sistema editoriale” – offerta strutturata sui territori nazionali da imprese dell’editoria audiovisiva e delle filiere ad esse collegate; tale svalutazione sta facendo venir meno il rapporto fiduciario e responsabile con telespettatori, industria creativa, investitori pubblicitari. L’industria e le imprese dell’audiovisivo, infine, ma non dal ultimo, sono “elemento costitutivo della formazione della sfera pubblica, delle identità nazionali e della coesione sociale”. Gli effetti dirompenti di questa, che viene definita l’era meta o post editoriale, si stanno rapidamente allargando anche a un genere cruciale, l’informazione.

Antonio Marano e Maurizio Gasparri

Queste in estrema sintesi le evidenze del Rapporto “Il sistema audiovisivo, anno 2025”  a cura di E-media e Istituto Bruno Leoni presentato a Roma. Tali “alert” suggeriscono, secondo l’autore del rapporto, Emilio Pucci, di adottare tempestivamente misure normative-regolatorie ed economiche a sostegno pubblico degli operatori nazionali. Su tali misure si sono concentrati gli interventi di interlocutori istituzionali, politici e dell’industria, fra cui quello del presidente di Confindustria Radio Televisioni, Andrea Marano.

Marano: “A rischio libertà d’impresa e democrazia”

«Il settore editoriale – ha dichiarato Antonio Marano – è un mondo che va tutelato per il suo valore di presidio del diritto all’informazione sancito dall’art. 21 della Costituzione nel contesto online. Quattro multinazionali globali (Amazon, Meta, Apple, Tik Tok) drenano il 50% delle risorse pubblicitarie globali e minano alla radice la sostenibilità del nostro settore che è centrale per tutta la  filiera audiovisiva».

Antonio Marano

«Se non tuteliamo gli editori, la loro libertà di impresa, ma anche il loro ruolo di garanti del pluralismo e della libertà di scelta nell’era della profilazione, ne risentirà la democrazia. Tutela di un valore costituzionale, tutela delle risorse, ma anche tutela dei contenuti ed equa remunerazione della creatività affinché la libertà del web non significhi utilizzi non retribuiti».
Marano ha ricordato che Confindustria Radio Tv si sta battendo per il tema della prominence radiotelevisiva, che è un esempio del contesto in cui si muovono gli editori e del loro atteggiamento responsabile nei confronti del pubblico. Per la televisione (ma si sta discutendo anche, primi in Europa il tema della prominence radiofonica), il profilo tendenzialmente anziano della popolazione italiana ha spinto a conservare la numerazione automatica dei canali (Lcn) e lo strumento del telecomando «nel rispetto delle abitudini dei telespettatori e per non lasciare indietro nessuno».
Si è ottenuto, inoltre, di mantenere visibilità e facile accesso all’offerta dei broadcaster sul ricevitore di elezione, il televisore, attraverso l’icona Tv in homepage degli smart Tv, che a breve sarà implementata. È un passaggio importante, in cui l’Associazione sostiene Agcom di fronte all’opposizione dei i costruttori di apparati.
«Valori, norme e regole che valgano per tutti, ma anche risorse congrue e certe per garantire agli editori, pubblico e privati, nazionali e locali di crescere. Crescita significa innovare e continuare a creare occupazione e valore per i cittadini e l’industria italiana. Italia ma anche Europa, infine,  per garantire massa critica agli interventi anti competitivi e di promozione della libertà dei media».

Gasparri: “Bisogna difendersi dal saccheggio digitale”

Maurizio Gasparri, presidente del Gruppo di Forza Italia al Senato, ha ricordato che il tema della crescita dimensionale era alla base della scelta della legge a lui intestata per accompagnare il passaggio al digitale (Dlgs 177/2005).

Maurizio Gasparri

«La legge – ha sottolineato Gasparri – ha aperto il mercato dei servizi media italiani permettendo alle eccellenze nazionali del settore di crescere, ma la crescita dimensionale non basta a compensare l’impatto sulle risorse, la creatività, e l’industria editoriale ad opera delle grandi piattaforme globali, un vero a proprio “saccheggio digitale”».
Il senatore Gasparri ha, quindi, denunciato che «tali piattaforme, nelle more degli interventi normativi e regolamentari ex post, e sfruttando la rapidità dei processi evolutivi, hanno agito al di sopra della rete e delle regole: oggi si sta intervenendo con le leggi europee, che devono essere rapidamente attuate, ma anche attraverso la leva fiscale».

Nieri: “Continuare a creare occupazione locale”

Sul tema della dimensione di impresa, Gina Nieri, consigliere d’amministrazione di Mediaset, ha fatto riferimento alla  recente Opa di Mfe sulla tedesca ProSiebenSat1 «che lungi da essere una colonizzazione, risponde alla ricerca di economie di scala sui contenuti e all’ambizione di Mediaset di continuare a produrre occupazione locale, offerta professionale, informazione plurale e verificata».

Gina Nieri

E, non ultimo «offrire un ambiente sicuro a pubblico e investitori pubblicitari, affinché che non vedano la loro comunicazione abbinata a contenuti d’odio, violenti o comunque non consoni, e che affidarsi ad una misurazione delle audience condivisa, certificata e trasparente».
Sulla normativa, Nieri ha riconosciuto il “lavoro eccellente” svolto dall’Unione Europea con la regolamentazione del digitale, ora in fase di attuazione, e non a caso osteggiato dalle grandi piattaforme che «si stanno tirando indietro dal rispetto degli obblighi, anche quelli volontariamente assunti in tema di disinformazione e fact checking per esempio, o la contestazione della global minimum tax».
La Nieri ha chiesto al governo sostegno alla piena applicazione del quadro normativo unionale, ma anche, nell’immediato, risorse per i broadcaster, a livello nazionale e UE a supporto della funzione editoriale, presidio etico imprescindibile per l’industria culturale e audiovisiva europea.

Nicita: “Il diritto a non essere disinformati”

Riconoscendo come «innovativo il ruolo della normativa orizzontale europea sul digitale – Dsa, Dma, Mfa, ma anche Data Act» (quest’ultimo relativamente alla profilazione e valorizzazione dei dati anche sulle tv connesse), in senatore Antonio Nicita (Pd) ha affermato che «l’Unione Europea è andata oltre la definizione dei pillars senza ledere il principio della sussidiarietà, soffermandosi per esempio sulle disposizioni relative alla misurazione delle audience (trasparenza sui dati raccolti e algoritmi di profilazione degli utenti)».

Antonio Nicita

Nicita ritiene le norme anticoncorrenziali «uno strumento “prossimo” per ristabilire il pluralismo informativo, ma inapplicabile al web», e propone in positivo di delineare un «diritto a non essere disinformati, ed esercitare la propria libertà di scelta in un ambiente protetto, dove siano normate le procedure di accesso dei contenuti, piuttosto che i contenuti stessi».
Sull’IA generativa, il senatore Pd suggerisce di proteggere il patrimonio culturale delle lingue nazionali (analogamente a quanto succede in Giappone e India), tema di cui potrebbe farsi promotrice l’UE, a salvaguardia del patrimonio di diversità culturale che contraddistingue il continente.

Rossi: “La Rai hub industriale nazionale”

Parte da «Karl Popper, che nella sua pubblicazione “TV cattiva maestra” prefigurava il rischio di disintermediazione ad opera, allora, della TV nel rapporto fiduciario degli editori della carta stampata con il pubblico», per arrivare a parlare di «centralità della funzione editoriale per l’audiovisivo e, all’interno di essa del servizio pubblico», Giampaolo Rossi, amministratore delegato della Rai. 

Giampaolo Rossi

Il rapporto documenta che il servizio pubblico italiano è sottodimensionato rispetto a quello dei maggiori mercati europei, ma difende quanto, nonostante questo, la Rai riesce a fare per il cinema e l’audiovisivo: sono 50-70 i film italiani prodotti e distribuiti con il contributo di Rai Cinema in un anno, 71% delle fiction prodotte in Italia sono Rai, con risultati importanti in termini di share sul lineare, ma anche online (RaiPlay) e social, si pensi al fenomeno Mare Fuori. Sugli altri generi scripted, il contributo Rai alle opere di animazione italiana è pari al 100%, sono 50 i documentari prodotti nell’ultimo anno».
Giampaolo Rossi rivendica per Rai e per gli altri broadcaster italiani il ruolo di “hub industriali a connotazione nazionale”, da cui si genera un contributo stabile per indotto e risorse, e non sottoposto a scelte strategiche misurate su un mercato globale, come succede per i maggiori competitor sullo streaming. Inoltre, reclama maggiori risorse e stabili per la Rai, ad esempio recuperando l’extra gettito del canone, per alimentare questo circolo virtuoso e allineare l’impresa del servizio pubblico italiano agli omologhi europei. Insomma: «Non ci si misuri solo in occupati diretti, ma sull’indotto nell’audiovisivo, e sul ruolo di garanzia nell’alimentare il racconto nazionale».

Mollicone: “L’Italia attrae le produzioni estere”

Nel concludere i lavori, Federico Mollicone, presidente della VII Commissione Cultura, Scienza e Istruzione della Camera dei Deputati, ha fatto riferimento al tax credit, tema di uno dei due allegati alla ricerca, a cura di Filippo Cavazzani (Istituto Bruno Leoni). Mollicone ha illustrato i dati forniti dalla Dgca, mostrando la crescita del settore audiovisivo in Italia e la richiesta di tax credit internazionale, a conferma della forte attrattività dell’Italia per le produzioni estere.

Federico Mollicone

Ha fatto presente che «sul testo in bozza non definitivo del decreto correttivo della normativa non c’è un limite alle risorse dal cosiddetto “decreto riparto” sulle domande generate; dall’analisi dei dati del  monitoraggio del Mic è emersa una maggiore presenza e permanenza in sala delle opere finanziate; si sono individuate alcune misure necessarie, che vanno nella direzione di rafforzare le tutele sui costi eleggibili, all’interno dei quali si sono esclusi quelli creati con IA; tutto ciò per avvantaggiare l’apporto umano e prevedere misure di reinvestimento del credito residuo in altre produzioni».
Sulle politiche Ue, a giudizio del presidente della VII Commissione della Camera «l’Italia può vantare diverse best practice, tra cui quella in tema di interventi di contrasto alla pirateria online». Mollicone ha anche ricordato che «nel recepimento nell’ordinamento nazionale della Direttiva NIS2, l’Italia ha inserito la cultura quale settore al quale va garantita una tutela da attacchi di cyber sicurezza». (giornalistitalia.it)

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