E’ il bel libro scritto a quattro mani dalla giornalista della Wdr Lilia e dal fratello Attilio

Ancona e le cronache di guerra dei Bevilacqua

10845962_868921736491703_8323883577513558748_nANCONA – “Parlare di guerra? Alla gente che combatte tutti i giorni le sue battaglie per la sopravvivenza? E poi, parlare di una guerra così lontana: la Seconda guerra mondiale? Ciò che avrebbe comportato anche parlare del fascismo, del nazismo. Fantasmi del passato. Contro i quali combatterono i nostri padri e le nostre madri, i nonni e le nonne. Mentre altri scelsero di sostenerli e allearsi con loro”.
Eppure Lilia Bevilacqua, giornalista della tv di Stato tedesca, la Wdr, per la quale ha iniziato a lavorare negli anni Settanta, originaria di Ancona, e il fratello Attilio, che la città dorica, invece, non l’ha mai lasciata, hanno deciso di farlo. Di “puntare il grand’angolo sugli anni della guerra che devastò una città, la nostra, Ancona. E vedere come essa si confrontò con i conflitti che generarono i suoi drammi e furono la causa degli alti tributi pagati”.
Il risultato è un libro, “Ancona cronache di guerra” (edito da Affinità elettive, http://www.edizioniae.it/catalogo/ancona-cronache-di-guerra/), frutto di anni di ricerca, documentata e puntigliosa, dei fratelli Bevilacqua, che hanno ricostruito, in particolare, il lungo e penoso anno tra il 25 luglio 1943 e il 18 luglio 1944, che vide il capoluogo marchigiano fare i conti, al pari di tante altre città d’Italia, con la furia e la devastazione della Seconda Guerra mondiale.
“Prima di fare lunghe ricerche negli archivi e ascoltare i racconti di tanti anconitani, – raccontano Lilia e Attilio Bevilacqua – storie rimosse per settant’anni, non avevamo creduto che una città potesse passare attraverso una guerra senza fatti eclatanti che la mettessero in primo piano a livello nazionale, eppure soffrire e fare esperienze che divennero nel bene e nel male un tassello della storia d’Italia”.
Amore per la storia e per la propria città. Ecco che “abbiamo deciso di metterci al lavoro e inquadrare il tutto tra il primo e l’ultimo giorno di quell’anno in cui la guerra irruppe nella nostra città. E abbiamo cominciato – ci spiegano gli autori – con il ricostruire la vita politica ad Ancona nei giorni in cui cadde la dittatura, immediatamente dopo la destituzione di Benito Mussolini, il 25 luglio 1943; poi abbiamo raccontato come le autorità di Ancona affrontarono l’8 settembre 1943 e l’occupazione tedesca, la Resistenza e la persecuzione degli ebrei. Infine abbiamo recuperato molte di quelle vicende che non trovano posto nei libri della storia ufficiale e che sono le storie della gente, del popolo. E abbiamo parlato della fame, dei sacrifici, del coraggio degli anconitani e del loro dolore nel vedere i continui bombardamenti altamente distruttivi cancellare il volto millenario della loro città. E con esso la propria storia, quella della propria famiglia e delle proprie radici”.

Ancona bombardata nel ’43 in una foto scattata da un

Ancona bombardata il 29 gennaio 1944 in una foto scattata da un bombardiere americano

Nel 1961 – il libro dei Bevilacqua ce lo rammenta con dovizia di particolari – la nuova Repubblica italiana volle onorare la forza e la dignità con cui gli anconitani affrontarono quelle prove e insignì la città della medaglia d’oro al valore civile. Parallelamente alla guerra, che distruggeva ciò che si era costruito faticosamente nel tempo, veniva spazzata via anche la vita economica della città e s’imponeva nel dopoguerra un faticoso ricominciare da zero.
“Non abbiamo dimenticato – incalzano gli autori – i due drammi che colpirono Ancona. Quello della distruzione del rifugio nel complesso carcerario Santa Palazia, il 1° novembre 1943, in cui morirono in pochi minuti, senza avere nemmeno il tempo di dire una preghiera, più di settecento persone. E quello dei tremila soldati di leva acquartierati nelle caserme di Ancona (la città era un importante presidio militare, con notevoli compiti di difesa di mare e di terra), catturati dopo l’8 settembre dalle truppe di Hitler, trasportati nei campi di lavoro in Germania, dove moltissimi di loro trovarono la morte”.
Tutto questo e molto altro è stato l’annus terribilis di Ancona, che la giornalista Lilia e il fratello Attilio hanno voluto raccontare nel loro libro, che in realtà è il secondo (il primo, edito sempre per i tipi delle Affinità elettive, s’intitola “Ancona, 1° novembre 1943”) di una serie, dedicata alla storia e alla memoria locale, che speriamo di veder crescere negli anni. Per non dimenticare.

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