L’editoriale di oggi del direttore Andrea Monti. Buon compleanno da Giornalisti Italia

120 anni Gazzetta, Alì Leggenda delle leggende

MILANO – Muhammad Ali, semplicemente il più grande. Di tutti i tempi e di tutti gli sport. Nel giorno in cui la Gazzetta compie 120 anni e si presenta in livrea verde come lo storico primo numero del 3 aprile 1896, nessuno meglio di «The Greatest» può rappresentare l’epica irripetibile del campione e la magia quotidiana della rosea. Molto più di un pugile, qualcosa più di un giornale. Insieme, per vie misteriose, nel cuore della gente.
Si dice che lo sport sia metafora della vita. Non è completamente vero. La vita ha le sue strade, spesso aspre e impassibili al dolore degli umani. Lo sport ha sentieri più lievi, personali ed emotivi. Ma talvolta le due linee si toccano e la scintilla che scocca dal cortocircuito è quasi sempre illuminante. Nel suo cammino a cavallo di tre secoli, la Gazzetta ha incrociato la storia dell’Italia e del mondo. Come un viandante curioso ha varcato i propri confini ed è diventata un archivio dell’immaginario collettivo. 9 luglio 2006, per esempio: tutti ricordiamo dove e come eravamo quando Fabio Grosso infilò il suo rigore rabbioso. Campioni del mondo, po-popopopo-popo, francesi tié!, polmoni gonfi di identità italiana. Almeno per una lunga notte ebbra di gioia. Pochi invece, rammentano chi ci governava allora. Eppure Prodi aveva appena varato il primo esecutivo tutto di sinistra della storia repubblicana. Lo sport è così: un grande veicolo di emozioni, passioni, storie, leggende. Condivise, rievocate, tramandate. Colla preziosa che unisce genitori e figli, solvente infiammabile che divide gli amici al bar fino al prossimo spritz.
Dimmi dunque chi era Ayrton Senna, groviglio di velocità e malinconia… Più forte Pelé o Maradona, Coppi o Merckx, Laver o Federer, Stenmark o Tomba? Rimarrà più la Vezzali o Fede Pellegrini? Sfide impossibili, arabeschi mentali nello spazio e nel tempo che solo lo sport può proporre senza sembrare ridicolo. Anzi, suggerendo alla fine qualche verità. Leggero come una farfalla, pungente come un’ape, Ali esce vincitore non per caso dal gioco che Gazzetta s’è inventata per questi 120 anni. Lo sapete: non volevamo celebrare un patrimonio di memorie che in realtà appartiene ai lettori. Volevamo far festa, divertirci con voi. E il gioco è riuscito perché nell’ultima casella è rimasto non un dio del ring ma un uomo che preferì l’umiliazione di una condanna alla follia della guerra, urlando in faccia all’America segregazionista: «Nessun vietcong mi ha mai chiamato negro». Mise k.o. per sempre nei nostri cuori il razzismo e il militarismo. Si convertì all’islam quando per i neri americani, e non solo, essere musulmani era simbolo di identità, liberazione e pace, come cambiano i tempi… Tornò, rivinse, portò la torcia olimpica pur sgretolato dal Parkinson. Ora, per tramite della moglie, dall’universo silenzioso in cui è rinchiuso ci manda il più bel regalo che potessimo ricevere: un commovente messaggio di ringraziamento dal protagonista di una storia monumentale che ha cambiato il suo Paese e il nostro mondo.
Ragione e sentimento. È il romanzo dello sport. Per i giornalisti della Gazzetta la leggenda delle leggende è Ali. I lettori, invece, gli preferiscono Valentino Rossi, fuoriclasse del brivido entrato nel mito ancor prima di scendere dalla moto. Apollo e Peter Pan, ci sta tutto. La scelta alta della giuria tecnica, la fantasia e le emozioni fresche di quella popolare. Ma la cosa davvero meravigliosa è che il 46 nazionale abbia dovuto sudare fino all’ultima curva per battere Pietro Mennea. Il piccolo italiano triste che, come il calabrone a cui la fisica negherebbe il volo, seppe battere tanti figli del vento più belli, più alti ma non più veloci di lui. E’ commovente sapere che la sua memoria — come quel record mondiale sui 200 che dopo trentasette anni ancora resiste nella vecchia Europa — non svanisce. Scorre da padre a figlio come un filo rosa, simbolo di amore per ciò che siamo: materia nobile che volontà e talento possono trasformare in immortalità. Questa è la lezione che proietta la Gazza e il suo popolo nel futuro, al di là delle crisi e delle incertezze di un’età lacerata. Buon compleanno cari lettori, questa festa è per voi. (la Gazzetta Sportiva)

Andrea Monti

***

Ai colleghi della redazione, al direttore, alle maestranze, a tutti i lavoratori della Gazzetta dello Sport i migliori auguri di buon compleanno dalla redazione di Giornalisti Italia ed un ringraziamento per l’informazione di qualità, i sogni e le speranze che il giornale ci ha sempre regalato, riempendo di rosa la nostra vita anche nei momenti più bui della storia del Paese. 

LEGGI ANCHE:
Gazzetta dello Sport, 120 anni di storia d’Italia
https://www.giornalistitalia.it/gazzetta-dello-sport-120-anni-di-storia-ditalia/

I commenti sono chiusi.