Obama riduce la pena a Chelsea Manning: condannata a 35 anni uscirà a maggio

Wikileaks, Assange non si consegna, anzi sì o nì

Chelsea Manning

Chelsea Manning

Julian Assange

Julian Assange

ROMA – “Tutto ciò che (Assange) ha detto, lo manterrà”. Lo afferma l’account Twitter di Wikileaks rispondendo a una domanda posta sul sit di microblogging da Raphael Satter, giornalista dell’Associated Press, in merito alla promessa di accettare l’estradizione negli Stati Uniti se Chelsea Manning fosse stata graziata, fatta dal blogger svedese oggi riparato nell’ambasciata ecuadoriana a Londra il 12 gennaio scorso.
La risposta a Satter è una replica del tweet lanciato da Wikileaks nella notte e confermato da Melinda Taylor, legale di Assange, qualche ora dopo l’annuncio della commutazione della pena per Manning. A quello, la risposta a Satter, perplesso, aggiunge: “Non potremmo essere più chiari di così. Non chiedere altro”.
Inoltre, un altro tweet di Wikileaks sembra suggerire che il proprio fondatore voglia prendere in considerazione l’eventualità di un processo negli Stati Uniti: “Assange – si legge – è fiducioso di poter avere giustizia in un processo equo negli Stati Uniti”, un evento l’amministrazione Obama “aveva impedito”.
Un altro legale del fondatore di Wikileaks, Barry Pollak, ha invece insistito sulla necessità che l’amministrazione americana faccia chiarezza sullo status di Asssange. “Il Dipartimento di Giustizia non dovrebbe perseguirlo – ha scritto in una nota – per il fatto che ha pubblicato informazioni veritiere e dovrebbe immediatamente chiudere l’inchiesta penale su di lui”. (agi)
La precisazione di Wikileak segue, dunque, la convulsa giornata di ieri nella quale i leader repubblicani al Congresso hanno criticato la decisione di Barack Obama di commutare la sentenza di Chelsea Manning che permetterà all’ex analista militare transgender, in prigione dal 2010 e condannata nel 2013 da una corte marziale a 35 anni per aver consegnato a Wikileaks materiale top segret, di uscire di prigione il prossimo maggio.
“Mentre io guidavo i miei uomini in Afghanistan, il soldato Manning ci metteva in pericolo consegnando centinaia di migliaia di documenti top secret a Wikileaks”, ha dichiarato il senatore Tom Cotton, sottolineando di “non capire perché il presidente provi compassione per qualcuno che ha messo in pericolo la vita delle nostre truppe, dei diplomatici, dell’intelligence e di alleati. Dovrebbe essere trattato come un traditore e non come un martire”.
Ancora più forte la condanna di Paul Ryan: “Questo è vergognoso, il tradimento di Chelsea Manning ha messo in pericolo la vita di americani ed esposto alcuni dei segreti più importanti della nazioni”, ha detto lo Speaker repubblicano, affermando che si rischia di creare un “pericoloso precedente” e di lanciare il messaggio che “chi compromette la nostra sicurezza nazionale non dovrà pagare per questo”.
La Casa Bianca ha annunciato l’altra notte la riduzione della pena per Manning, che negli ultimi anni ha tentato il suicidio due volte per protestare contro il fatto di essere detenuta in una prigione maschile anche dopo la decisione di cambiare sesso, insieme ad una liste di nuove decisioni di grazia. Tra queste la misure in favore del generale dei marines a riposo James Cartwright, ex vice presidente degli Stati Maggiori Riuniti, condannato per aver mentito durante un’inchiesta su una fuga di notizie.
Nel concedere la riduzione di pena a Manning, Obama ha accolto, così, le richieste di chi considerava la condanna inflitta sproporzionata rispetto ad altri casi simili, e denunciava le sofferenze inflitte dal sistema penitenziario militare a Manning dopo la sua decisione di diventare donna. Una fonte della Casa Bianca ha spiegato che il presidente ha ridotto la pena perché l’ha considerata sproporzionata pur riconoscendo la “gravità dei crimini commessi e che Manning ha ammesso”.
“Il presidente crede che questi sei anni trascorsi dietro le sbarre siano una punizione sufficiente”, ha concluso affermando che questo gesto non diminuisce “la grande preoccupazione che abbiamo nei confronti dell’operato di Wikileaks”. Nei giorni scorsi il fondatore di Wikileaks, Julian Assange, si era dichiarato pronto ad accettare l’estradizione negli Stati Uniti se Obama avesse graziato Manning.
E se su Twitter Wikileaks definisce la mossa di Obama “una vittoria”, al presidente uscente arrivano, sempre via Twitter, i ringraziamenti dell’altro celebre “leaker” degli ultimi anni: “Voglio dirlo con cuore aperto e sincero, grazie Obama”, ha twittato Edward Snowden, che aveva rivolto un appello al presidente affermando che solo lui poteva “salvare la vita” a Chelsea.
La Casa Bianca ha, comunque, escluso la possibilità di un provvedimento simile per la talpa della Cia ricordando come Snowden “sia fuggito nelle braccia di un avversario, rifugiandosi in un Paese che recentemente ha condotto un tentativo concertato di minare la fiducia nella nostra democrazia”, riferendosi alla Russia.
“Grazie a tutti voi che avete sostenuto la campagna per la grazia di Chelsea Manning. Il vostro coraggio e determinazione hanno reso possibile l’impossibile”. Così Julian Assange ha commentato, secondo quanto riferisce WikiLeaks, la decisione di Barack Obama.
Nel messaggio non c’è però alcun riferimento a quanto annunciato venerdì scorso dall’attivista australiano che, dall’ambasciata dell’Ecuador a Londra dove è rifugiato dal 2002, aveva detto che si sarebbe consegnato alle autorità americane se il presidente uscente, come suo ultimo atto, avesse concesso la grazia al suo informatore. (adnkronos)
Adesso Wikileaks si affretta a precisare il contrario. La verità la sapremo presto. Forse… (giornalistitalia.it)

 

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