Parla mons. Battista Angelo Pansa, “suo” parroco nella chiesa romana di Monteverde

Simone, un passo nel cammino della pace

Mons. Battista Angelo Pansa

Mons. Battista Angelo Pansa

Simone Camilli

Simone Camilli

ROMA – “Conosco la famiglia di Simone da vent’anni e da sempre sono impegnati nella vita della nostra comunità parrocchiale”.
Dopo i funerali di Simone Camilli, il giovane fotoreporter di 35 anni morto a Gaza mentre, ancora una volta, stava documentando il terribile conflitto che dilania quelle terre, parla monsignor Battista Angelo Pansa, il “suo” parroco della parrocchia romana della Trasfigurazione di Nostro Signore Gesù Cristo, a Monteverde, che ha voluto ricordarlo con un ritratto bello e accorato nel corso della celebrazione della Messa dell’Assunta.
Una mossa maldestra degli artificieri ha fatto esplodere la bomba che stavano disinnescando, lasciando a terra cinque vittime. Tra di loro Simone, che lascia la compagna e una figlia di pochi anni. Del coraggio e della professionalità del fotoreporter hanno scritto in molti, ma è anche del ragazzo e dell’uomo che si parla.
“Simone abitava con la compagna e la figlia a Beirut solo da pochi mesi”, racconta mons. Pansa, “in realtà la città libanese era per lui solo una base logistica da cui partire per i suoi viaggi in tutta l’area mediorientale: dall’Iraq alla Giordania, la Palestina, la Libia, l’Egitto. Documentava con la sua macchina fotografica i drammi che percorrevano quei luoghi, che egli amava profondamente. Era laureato in storia delle religioni del mondo semitico, s’interessava al dialogo interreligioso e aveva scritto anche alcune cose sul tema”.
“La mamma, Maria Daniela, è stata a lungo catechista, la sorella Chiara col marito Agostino hanno animato la catechesi familiare, lo zio Stefano e la sua famiglia sono profondamente inseriti nella vita della nostra parrocchia. Simone e le sorelle Chiara e Benedetta sono cresciuti qui nello scautismo dell’Agesci”, ricorda il parroco: “L’educazione dello scautismo è sfida, è buttare il cuore oltre l’ostacolo, è essere sempre pronti a servire gli altri, coltivando il seme positivo dell’avventura e del coraggio. Simone aveva un carattere estroverso, aperto, gioviale”.
La morte di un reporter, caduto svolgendo il suo lavoro, è anche la morte di un uomo, di un papà, di un figlio. La guerra fa le sue vittime anche quando non la si combatte.
“Il papà Pierluigi mi ha chiesto, col cuore straziato: ha un senso, da qualche parte, la morte di mio figlio Simone? Sul momento non ho saputo rispondere, poi, ripensando alla terra d’origine dei Camilli, Pitigliano (Grosseto), ho legato la vocazione di Simone e della sua famiglia al dialogo interreligioso, all’universalità e alla pace proprio a questa cittadina, nota come la piccola Gerusalemme, per la storica presenza di una ben integrata comunità ebraica. E poi è a due passi da Sovana, patria di Gregorio VII, il grande Papa delle riforme e della missione. Ecco, il senso è qui: nell’essere parte di un nuovo dialogo, un passo nel cammino della pace. Non a caso un suo collega giornalista palestinese ha detto: ci mancherà la sua presenza. Simone era elemento di unione, di dialogo”.
La Chiesa della Trasfigurazione a Roma, è una parrocchia laboratorio per l’ecumenismo e il dialogo interreligioso a livello internazionale, un salone della parrocchia ospita la Chiesa copto ortodossa di Roma, e mons. Battista Pansa è un grande conoscitore del mondo mediorientale.
“In questi territori martoriati sta avvenendo una caccia ai cristiani senza precedenti”, commenta: “Lo ha mostrato efficacemente Papa Francesco nel dire che vi sono più martiri cristiani ora che nelle persecuzioni del quarto secolo”.
Nel fare il punto sulla drammatica situazione dei cristiani in Medio Oriente mons. Pansa sottolinea come sia in dubbio la stessa sopravvivenza delle Chiese cristiane antichissime che popolano e vivono queste terre da sempre, con l’aggravante che questa azione di persecuzione ai cristiani sia stata precedentemente sottovalutata: “Che la battaglia in Siria non sia combattuta da siriani e che la ribellione è alimentata da estremisti stranieri accorsi in Siria su spinta del mondo arabo lo avevo già denunciato due anni fa, quando troppi mezzi d’informazione, purtroppo allineati a cliché generali dal punto di vista mediatico, elogiavano i tumulti contro Assad. In realtà i guerriglieri arrivavano da fuori e avevano ben altri obiettivi. Con le conseguenze che tutti oggi possiamo vedere”. (Sir)

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