Dean Baquet: “Se vogliamo che gli utenti paghino, bisogna mantenere alto il livello”

On line, la ricetta vincente del giornalismo Usa

Dean Baquet, direttore del New York Times

Dean Baquet, direttore del New York Times

SIENA – “L’affidabilità è il requisito fondamentale per il giornalismo. La stampa deve essere libera e capace anche di interrogare i governanti per rendere conto delle loro azioni all’opinione pubblica. Noi dobbiamo raccontare ciò che non va, ciò che danneggia la società, le azioni illeciti e illegali. E se questo significa denunciare i governi, le imprese e o gli individui non importa. Le istituzioni devono rendere conto ai cittadini delle loro azioni, e la stampa c’è per questo”. È quanto ha detto Dean Baquet, direttore del “New York Times”, durante il suo intervento alla decima edizione del convegno “Crescere tra le righe”, che si sta tenendo a Borgo La Bagnaia (Siena), promosso dall’Osservatorio Permanente Giovani-Editori (Opge).
“Il giornalismo oggi è molto migliore del passato – ha aggiunto Baquet – E ciò grazie anche all’intelligenza artificiale, a internet, ai social network, alla continua interconnessione. Bisogna essere onesti nel racconto dei fatti come giornalisti e sempre cercare la verità”.
“Oggi – ha sottolineato Baquet – nella nostra redazione abbiano più giornalisti di quanti ne avevamo dieci anni fa, perché c’è sempre più bisogno di verificare le notizie, di cercare riscontri e fonti. E questo giornalismo di qualità è apprezzato. Sono in crescita, infatti, gli abbonamenti ai contenuti di qualità, per avere informazioni puntuali e precise che i lettori non riescono a trovare altrove. Noi non siamo il ritratto del giornalismo statunitense in generale, noi siamo il giornalismo di alta qualità. Se vogliano che i lettori paghino, bisogna mantenere un giornalismo di alta qualità”.
Una realtà che oggi è così negli Stati Uniti anche per gli altri grandi giornali dove l’idea del profitto è indubbiamente una cosa recente: “certo che è necessario guadagnare”, ha aggiunto il direttore del Washington Post: “due anni fa tornati a utili, lo scorso anno altri utili che sono stati tutti investiti”.
“Abbiamo scoperto che e non è solo questione di traffico o utenti: non si guadagna sulla base della pubblicità. L’area di crescita per noi tutti è quello degli abbonamenti e così abbiamo scoperto che sono disposti a pagare. Succede sempre di più”, ha osservato Baron.
I tempi della pubblicità per i giornali ancora non sono tornati, ha aggiunto Gerard Baker, direttore del “Wall Street Journal”: “prima non riuscivamo neppure inserirla tutta. Oggi la pubblicità va ai giganti digitali – ha concluso – e per noi sono importanti gli abbonamenti che tu puoi avere solo se produci giornalismo di qualità”.
Certo, la competitività tra testate giornalistiche è importante, anzi è “importantissima e salutare e sono d’accordo che debba esserci”, ma occorre tener presente che “può anche indurre in errore. Perciò occorre attenzione, la massima verifica prima di pubblicare le notizie”, ha sottolineato Dean Baquet insistendo sulla “tensione” determinata tra “competitività e oggettiva attendibilità”, e ha sostenuto che “ci sono standard elevatissimi per verificare l’attendibilità. Poniamo moltissimi ostacoli per i nostri giornalisti per verificare la notizia e questo rallenta le cose”. “Certo – ha aggiunto Baker – c’è la possibilità che qualcun altro che non ha altrettanti scrupoli non affronta il percorso a ostacoli per arrivare primo, e questo a volte ci spinge a essere meno precisi e meno rigorosi”.
È tuttavia evidente, ha proseguito Baker, che “la competitività e il giornalismo di qualità sono un’ottima cosa, e se possiamo battere il collega è chiaro che questo ti fa star bene”.
Ma la condizione primaria è una: “non compromettere i nostri valori, e a volte ci sarà una storia che non potrai pubblicare perché avrai seguito il percorso corretto. Non dobbiamo scendere a compromesso con i nostri valori, altrimenti danneggiamo la nostra testata”.
In definitiva, al New York Times oggi “in redazione ci sono più giornalisti di 10 anni fa” e questo non certo grazie alla pubblicità, ma al fatto che “abbiamo chiesto ai lettori di pagare per un contenuto che non sarebbero riusciti a trovare da nessun altra parte”, ha ricordato il direttore Dean Baquet. (adnkronos)

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