Mons. Cesare Nosiglia, arcivescovo di Torino, alla Festa di San Francesco di Sales

“Nel giornalismo serve un’etica forte e condivisa”

Mons. Cesare Nosiglia

Mons. Cesare Nosiglia

TORINO – “Nella professione giornalistica serve un’etica forte e condivisa, per non limitarsi all’opinione prevalente, ai dati dei sondaggi”. Lo ha affermato l’arcivescovo di Torino, monsignor Cesare Nosiglia, nel corso dell’incontro organizzato in occasione di San Francesco di Sales patrono dei giornalisti.
Nosiglia ha parlato di “un’etica forte e condivisa per fare fronte alle manipolazioni della comunicazione e alla disinformazione e all’indebolimento dell’impegno “a verificare le fonti delle notizie e a garantirsi dalla menzogna o da una non piena verità, con quella capacità critica propria dell’uomo adulto maturo”.
“Occorre ancorarsi – ha detto l’arcivescovo – a un quadro di valori condivisi, che minimali non sono come il senso dello Stato, del servizio pubblico, delle istituzioni”. Secondo monsignor Nosiglia “il dilemma che spesso compare nella professione giornalistica è se agire da buoni pastori o da mercenari. Un dilemma che obbliga a scegliere una o l’altra via, non senza conseguenze positive o negative”.
“Il buon pastore – ha detto mons. Nosiglia – non antepone mai il profitto finanziario virgola carrieristico o di apprezzamento dei superiori alla verità dei fatti e al rispetto delle persone coinvolte. Non alimenta con i suoi servizi il gossip, che fa tanto audience. Il mercenario, invece, non si preoccupa di quali conseguenze potrebbe avere, sulle persone coinvolte o sulla stessa opinione pubblica, una notizia non rigorosamente fondata sulla verità dei fatti o infarcita di informazioni fantasiose”.
Per l’arcivescovo di Torino “il lavoro dei giornalisti è sempre più delicato e complesso, perché sottoposto a spinte contrapposte, quella del mercato e dell’audience, quella del rispetto della verità delle verità e delle persone trattate nei servizi, quella del rapporto interno all’ambiente, non sempre trasparente e sereno”. Nosiglia ha, poi, esortato i giornalisti a trattare il tema dei minori in maniera delicata e come “non si debba mai perdere di vista, insieme al rispetto della verità, l’attenzione alla centralità della persona in tutti i suoi aspetti di dignità”.
L’arcivescovo di Torino si è, inoltre, soffermato sulla necessità di promuovere un master di formazione professionale per giornalisti che seguono il mondo ecclesiale. “La Chiesa – ha spiegato mons. Nosiglia – ha un suo linguaggio, suoi contenuti e modalità comunicative, che non sono facilmente comprensibili, a volte, ai non addetti ai lavori e ciò rappresenta un limite per la Chiesa stessa, naturalmente. Occorre pertanto acquisire una conoscenza specifica”.
“Formulo, per questo, una proposta concreta – ha aggiunto Nosiglia – e invito l’Ufficio per le comunicazioni sociali a promuoverla. Si tratta di un master di formazione professionale per giornalisti, sia della carta stampata che dei media, che seguono, in modo sistematico, il mondo ecclesiale ed ecclesiastico in diocesi. Mi riferisco non solo a chi lavora nei giornali, alla televisione e alle radio locali a largo raggio, ma anche a tutti i collaboratori di giornali diocesani, degli uffici curiali, dei bollettini parrocchiali, degli istituti religiosi, dei siti che, numerosi, stanno crescendo anche in diocesi”.
Per Nosiglia “si potrebbe pensare ad una serie di incontri qualificati, invitando esperti di valore come insegnanti, da programmare in tempi in cui i giornalisti sono disponibili. Lo scopo sarebbe di formarsi e aggiornarsi, per conoscere e acquisire una sensibilità ed un’attenzione intellettualmente onesta e vera al mondo ecclesiale e ai fatti che lo coinvolgono”.
Altro ambito “particolarmente delicato” segnalato da mons. Nosiglia è quello dei minori. Parlando di emergenza educativa, l’arcivescovo ha rimarcato la rilevanza che hanno i mass media nella “formazione etica dell’uomo nella sua crescita culturale ed interiore” e messo al corrente dei rischi che i minori corrono davanti all’uso improprio dei media.
“Attraverso i telefonini e internet, in modo particolare le applicazioni, la rete passa un ‘mondo nuovo’ che rischia di sfuggirci; un mondo – ha spiegato il presule – che i ragazzi conoscono meglio dei loro educatori e che sanno usare con scaltrezza e grande abilità, ma che li conduce su vie assai rischiose e ‘drogate’ da messaggi devastanti per la loro crescita umana ed etica”.
Dall’arcivescovo di Torino è giunta anche l’esortazione ai giornalisti a “far emergere nella cronaca non solo e prevalentemente le cose che non vanno, la cosiddetta cronaca ‘nera’ o comunque la denuncia di ciò che è riprovevole e pure condannabile, ma anche le buone pratiche che sono presenti nella nostra società, relative ad ambiti che riguardano l’attuale situazione di crisi”.

 

 

 

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