Philippe Leruth (Ifj): “Meno morti rispetto al 2015, ma il livello è sempre preoccupante”

Nel 2016 uccisi nel mondo almeno 93 giornalisti

Philippe Leruth

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IfjBRUXELLES (Belgio) – Novantatrè giornalisti e operatori dei media sono rimati uccisi quest’anno per motivi legati al loro lavoro. Lo riferisce l’Ifj, la Federazione Internazionale dei Giornalisti che ha aggiornato i dati al 29 dicembre. Giornalisti e operatori sono stati uccisi in attacchi mirati, nel corso di bombardamenti o sparatorie. Se si aggiungono i 29 deceduti in due disastri aerei, uno in Colombia e l’altro in Russia, sale a 122 il totale delle vittime.
Il maggior numero di vittime è stato registrato nel mondo arabo e in Medio Oriente (30); seguono l’Asia-Pacifico (28); l’America Latina (24); l’Africa (otto); l’Europa (tre), ha rilevato la Federazione che conta 600 mila membri in 140 Paesi e ha sede a Bruxelles.
I Paesi con il numero più alto di operatori dei media uccisi è l’Iraq (15), seguito da Afghanistan (13), Messico (11), Yemen (8), Guatemala e Siria (6 in ciascuno), India e Pakistan (5 vittime in ciascuno). Benché i numeri “neri” di quest’anno siano inferiori al 2015 – quando le vittime furono 112 – l’Ifj mette in guardia dai compiacimenti, sottolineando le “minacce crescenti, le intimidazioni, l’autocensura, le quali testimoniano che gli attacchi alla libertà di stampa restano a un livello inquietante”.
“Ogni diminuzione di violenza contro i giornalisti e il personale dei media è sempre benvenuto, ma queste statistiche lasciano poco spazio alla consolazione e alla speranza di vedere la fine della crisi di sicurezza nel settore dei media” ha dichiarato il presidente dell’Ifj, il giornalista belga Philippe Leruth, aggiungendo che “non bisogna permettere che questi crimini rimangano impuniti”.
Uno dei casi più eclatanti, quest’anno, è stato l’attacco nel gennaio scorso a un minibus della catena afghana Tolo Tv da parte dei talebani, che ammazzarono sette fra giornalisti e personale tecnico. Il bilancio della Ifj per forza di cose impreciso, perché la Federazione non contabilizza che le morti accertate: “Un caso emblematico è la scomparsa del giornalista burundese Jean Bigirimana, la cui sorte resta ignota a circa sei mesi dalla sparizione”, ha ricordato la Federazione che ha pubblicato il rapporto.
“È urgente – conclude l’Ifj – esortare i governi a indagare su tutte le forme di violenza, compresi gli omicidi e le sparizioni, in modo rapido e credibile, allo scopo di proteggere l’integrità fisica e l’indipendenza professionale dei giornalisti”. (agi)
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