Cdr ed Fnsi hanno incontrato il liquidatore davanti al prefetto di Cosenza, Tomao

L’Ora della farsa, Bilotta e Jessica Rabbit

Il liquidatore Giuseppe Bilotta

Il liquidatore dell’editrice C&C, Giuseppe Bilotta

Jessica RabbitRENDE (Cosenza) – Ho atteso prima di scrivere. Volevo che il mio non fosse uno sfogo rabbioso ma una riflessione ponderata. Spero che la conferenza che ho tenuto ieri sera a Reggio Calabria sulla Beata Maria Cristina di Savoia e una breve, ma intensa conversazione che ho avuto nel pomeriggio, assieme a Carlo Parisi, vicesegretario nazionale e segretario regionale della Fnsi, con monsignor Salvatore Nunnari, arcivescovo di Cosenza e presidente della Conferenza episcopale calabrese, tra le persone che più ci sono state vicine e con costanza dall’Oragate in poi, abbiano contribuito a rendermi più lucido.
Nella tarda mattinata con Parisi e il Cdr dell’Ora abbiamo incontrato il liquidatore alla presenza del prefetto di Cosenza, Gianfranco Tomao. Bilotta ha confermato che non intende in alcun modo ripristinare il sito, o meglio lo riattiverà, versando le 300 euro necessarie (per riattivare i due server da lui indebitamente fatti staccare) di tasca “dell’azienda”, ma sarà consultabile solo il “pregresso” mentre i contenuti non si potranno aggiornare, una beffa dunque.
La motivazione? Un insulto all’intelligenza: il liquidatore non intende assumersi il rischio di eventuali cause per diffamazione che le casse a secco della C&C, la nostra casa editrice, non potrebbero sostenere. Insomma noi non saremmo dei giornalisti, ma dei diffamatori di professione. E Bilotta, se da un lato non ha esitato ad affrontare responsabilità concrete e reali, come quella di aver privato del legittimo godimento di un diritto gli abbonati al nostro sito, oscurandolo, è molto attento a quelle virtuali di cause che potrebbero insorgere. E a niente è valso farlo riflette che in questi casi, essendo quella dell’editore una responsabilità “in solido” col direttore e con l’autore dell’articolo, poiché le “finanze” dell’azienda sono nulle dovrebbero, comunque, provvedere questi ultimi.
Bilotta insiste per la sua (?) via, digrigna la mascella prominente e alterna sguardi spaesati da orsetto Puddington a proclami da dittatore incallito, nella sua solita alternanza comportamentale da doctor Jeckill e Mister Hide. Nega di aver detto al Cdr che era inutile proporgli l’acquisto della testata e, cambiando per l’ennesima volta posizione al riguardo, dice che è una strada praticabile. Senza alcuna perizia (si era impegnato a farla redigere nel corso del precedente incontro in Prefettura) spara una cifra di 120 mila euro, 40 mila in più, in base alla stima giudiziale, del valore di “Paese Sera”, entrato nella storia dell’editoria. Ancora più patetica la sua reazione quando gli è stato chiesto che cosa stia aspettando allora a licenziarci visto che vuole impedirci con ogni mezzo di riprendere il nostro lavoro. Bilotta ha farfugliato che siamo noi a dover decidere. Ma che cosa?
Quanto andrà avanti questa farsa? Vuole le dimissioni generali … per disperazione? Quando qualcuno comincerà a fare luce veramente sul rapporto tra i Citrigno e De Rose , “mediatore dichiarato” dei Gentile nella famosa telefonata dell’Oragate, che sembra essere la chiave di tutta questa lunga e anomala liquidazione?
Ha ragione Parisi che ha sostenuto che sia troppo buono parlare di “farsa” e che, oramai, non vi sia altra strada che un esposto alla magistratura, a partire dalla vicenda dell’oscuramento del sito. Bilotta prende impegni davanti al prefetto e poi li disattende, giustificandosi sulla base di pareri legali che avrebbe ricevuto dal suo avvocato, Celestino, lo stesso che cura gli interessi dei Citrigno.
Non stupirebbe se al prossimo incontro, nel quale si dovrebbe parlare degli ammortizzatori sociali da esperire e dei tempi del licenziamento, Bilotta citasse… Jessica Rabbit: “Non è colpa mia, mi disegnano così”. Sarebbe interessante stabilire se ci sono dei designer-burattinai e che cosa realmente vogliono. Noi dell’Ora siamo stanchi di chiedercelo, stanchi di tutto. Ci sentiamo isolati nei nostri appelli che, da quasi due mesi, cadono nel vuoto, ma continuiamo a credere nella magistratura, in uno Stato di diritto dove un giornale che vuole informare in piena libertà non si uccide di Venerdì Santo com’è capitato a noi. Per questo, piuttosto che sprecare energie, le stiamo dedicando a tradurre in realtà questa legittima e normale aspirazione, che qui è in Calabria è un sogno. E ce la faremo, malgrado il liquidatore e i possibili designer, malgrado le astuzie di chi cerca di annientarci, non solo nel mondo politico.

Luciano Regolo

2 commenti

  1. Alberto De Stefano

    Sono “toto corde” vicino a Regolo ed ai suoi sfortunati redattori. Sarà mai possibile che in Calabria debbano sempre prevalere l’ingiustizia, la prepotenza, l’abuso?
    La vicenda dell’Ora ci darà una risposta inequivoca.

  2. Il De Rose ancora sulla sua poltrona e gli altri tutti a svolazzare tranquillamente, non si vede muovere una foglia, su questa storia, tranne la lotta disperata di un gruppo di giornalisti che cerca di salvaguardare il proprio pane…la magistratura onesta spero dia una risposta presto…

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