Il Tribunale di Cosenza ha fissato per il 21 giugno la nuova udienza del fallimento

L’Ora della Calabria, la telenovela si allunga

L’ex direttore dell’Ora della Calabria Luciano Regolo e

L’ex direttore dell’Ora della Calabria Luciano Regolo e il liquidatore della C&C Giuseppe Bilotta

COSENZA – La telenovela del fallimento de “L’Ora della Calabria” si allunga ancora. La puntata andata in onda oggi al Tribunale di Cosenza ha visto fissare una nuova udienza per l’inizio dell’estate. Sarà il 21 giugno infatti, alle ore 10.30 al Tribunale di Cosenza, il giorno in cui verrà esaminato il bilancio 2017 della Gruppo editoriale C&C, la società in liquidazione della famiglia Citrigno che editava “L’Ora della Calabria” e che dal febbraio 2014 è affidata al curatore fallimentare Giuseppe Bilotta, ieri mattina presente in tribunale. A lui è stato chiesto di consegnare il bilancio 2017 della società che, ha spiegato Bilotta, i soci dovranno approvare entro la fine di questo mese.
La vicenda del fallimento dell’Ora, intanto, è stata affidata ad un nuovo giudice. La dottoressa Stefania Antico sostituisce la collega Francesca Goggiamani, passata ad altro incarico. A giugno il giudice esaminerà gli ultimi bilanci della Gruppo editoriale C&C per decretarne l’eventuale fallimento.
Dopo aver rispedito al mittente ogni proposta di concordato, i giornalisti e i dipendenti dell’Ora attendono da quattro anni che si dichiari il fallimento della società. Un’udienza arrivata in concomitanza con l’anniversario dell’ultimo numero de “L’Ora della Calabria” in edicola. Era, infatti, il 18 aprile 2014 il giorno in cui il liquidatore scelto dalla famiglia Citrigno, Giuseppe Bilotta, comunicò al direttore Luciano Regolo e a tutta la redazione di sospendere le pubblicazioni e di chiudere il sito internet del quotidiano. Tutto questo avveniva a due mesi di distanza dalla famosa telefonata fra Umberto De Rose e Alfredo Citrigno (figlio di Pietro, già editore di “Calabria Ora”, nome sostituito da “L’Ora della Calabria” nell’agosto 2013). Telefonata registrata dal direttore Luciano Regolo, in cui lo stampatore De Rose diceva al giovane editore di non fare uscire la notizia relativa ad un’indagine a carico di Andrea Gentile (le accuse nei suoi confronti sono poi tutte cadute), figlio del senatore Tonino. La famosa telefonata in cui de De Rose parlava del «cinghiale ferito che ammazza tutti» e delle ripercussioni, per la famiglia Citrigno, se la notizia fosse uscita.
Il giornale non arrivò mai in edicola e una perizia disposta dalla Procura di Cosenza ha accertato che quella notte non ci fu alcun guasto alla rotativa, come De Rose – indagato per tentata violenza privata dopo quella vicenda – aveva affermato.
Proprio nelle udienze del processo conosciuto come “Oragate” è emerso che un tecnico falsificò il documento che accertava la rottura della rotativa. Ma il processo, già iniziato con forte ritardo a causa di frequenti errori nelle notifiche, non si è ancora concluso.
Nel corso delle udienze sul cosiddetto Oragate, peraltro, è emerso che un tecnico, perito di parte di De Rose, aveva falsificato il documento che attestava la rottura della rotativa. Ad aprile del 2014 Bilotta, nominato intanto liquidatore fallimentare dal Gruppo C&C, decideva di stoppare le stampe per via del debito con la tipografia di De Rose. La redazione venne occupata dal direttore Regolo e dai giornalisti per tre mesi. Ma ancora oggi tutti attendono giustizia e risarcimenti. (giornalistitalia.it)

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