Lorusso (Fnsi) a Doha per la libertà di stampa: “Il giornalismo non è un crimine”

Giornalisti di tutto il mondo al fianco di Al Jazeera

I giornalisti di tutto il mondo a Doha

Raffaele Lorusso (terzo da destra) con i giornalisti di tutto il mondo nella sede di Al Jazeera a Doha

DOHA (Qatar) – “Il giornalismo non è un crimine. Non lo è in Turchia, dove tantissimi cronisti sono in carcere. Non lo è in Medio Oriente, dove è in atto il tentativo di ridimensionare Al Jazeera, costringendola a chiudere le sedi ed a spegnere il segnale”. Lo ha sottolineato a Doha, in Qatar, il segretario generale della Fnsi, Raffaele Lorusso, componente del Comitato esecutivo Ifj, in occasione della conferenza internazionale sulla libertà di espressione e di stampa sul tema “Libertà di espressione: far fronte alla minaccia”.
L’iniziativa, organizzata dal Comitato Nazionale per i Diritti Umani (Nhrc), in collaborazione con la Federazione Internazionale dei Giornalisti (Ifj) e l’International Press Institute (Ipi) e con la partecipazione del Centro per la libertà di stampa di Doha (Dcmf), è stata dettata dalla necessità di dire no a tutte le forme di bavaglio contro la libertà di espressione e il diritto di cronaca.

Jim Boumelha (primo da sinistra) e Raffaele Lorusso  (al centro) con i giornalisti dell’Ifj a Doha

Jim Boumelha (primo da sinistra) e Raffaele Lorusso (al centro) con i giornalisti Ifj a Doha

Giornalisti e rappresentanti di organizzazioni internazionali per i diritti umani riuniti, ieri e oggi a Doha, hanno espresso solidarietà al canale satellitare qatariota Al Jazeera, ai giornalisti e a tutti i lavoratori della principale emittente del mondo arabo, condannando la decisione di Arabia Saudita, Egitto, Emirati Arabi e Bahrain di impedirne le trasmissioni. Un inaccettabile blocco che si traduce in un bavaglio generalizzato alla stampa e al diritto di cronaca.
Al Jazeera – è stato ricordato – è la finestra sul mondo arabo, l’emittente che ha dato voce alle primavere arabe, uno dei più grandi network del mondo. Il comportamento dei quattro Paesi arabi rappresenta la negazione del diritto fondamentale dei cittadini ad essere informati, quindi una forma di violazione dei diritti umani.
Da evidenziare che l’assenza di un’organizzazione come la Ebu, la European broadcasting union, presente alla Conferenza con il presidente Giacomo Mazzone, rende la situazione di Al Jazeera più difficile.
La necessità di creare condizioni favorevoli al riconoscimento e all’affermazione dei diritti umani, a cominciare dal Qatar, dove numerose sono le criticità, è stato uno dei fili conduttori dei dibattiti. “Diritti umani, libertà di espressione e libertà di stampa – ha sottolineato l’Assemblea – sono strettamente connessi. Per questo – ferma restando la condanna dei tentativi di oscurare Al Jazeera – è necessario che in Qatar e in tutto il Medio Oriente si moltiplichino gli sforzi per sviluppare i diritti umani. La guardia va, però, tenuta alta in tutto il mondo. Ovunque, infatti, si registrano arretramenti sul terreno dei diritti fondamentali”.

Il tavolo della presidenza alla due giorni di Doha per la libertà di espressione

Il tavolo della presidenza alla due giorni di Doha per la libertà di espressione

“La libertà di stampa – hanno ricordato i giornalisti presenti a Doha – è sempre più minacciata perché si moltiplicano gli attacchi contro i giornalisti. Minacce, intimidazioni e violenze contro i cronisti sono in preoccupante aumento a tutte le latitudini. Ci sono tentativi di bavaglio spesso favoriti dai governi, che la Conferenza di Doha respinge, auspicando azioni coordinate per proteggere e sostenere i giornalisti e promuovere il pluralismo, l’indipendenza e la libertà dei mezzi di informazione”.
Dagli Stati Uniti al Sud America, passando per l’Europa, fino ad arrivare in Oriente e in Australia, gli attacchi alla libertà di espressione e al diritto di cronaca sono all’ordine del giorno, anche se assumono forme diverse. Si va dalla violenza contro i cronisti a forme di bavaglio più o meno mascherate (le querele temerarie in Italia ne sono un esempio), fino ai condizionamenti imposti dalla pubblicità, dai potentati economici e dalle concentrazioni editoriali. Senza dimenticare i controlli sempre più diffusi sul giornalismo on line e il tentativo di governi e parlamenti di assestare un colpo mortale alla segretezza delle fonti dei giornalisti, trincerandosi dietro ragioni di sicurezza nazionale e di lotta al terrorismo.
Da questo punto di vista, numerosi Paesi, Stati Uniti e Australia compresi, hanno approvato norme che consentono di controllare la rete e i suoi utenti: questo si traduce spesso in un accesso abusivo alle fonti dei giornalisti.

L’intervento di Raffaele Lorusso (tra Omar e Juliana) nella sede di Al Jazeera

L’intervento di Raffaele Lorusso (tra Omar Farouk Osman e Zuliana Lainez)

Da qui, l’appello ai governi, spesso fautori di limitazioni alla libertà di stampa, ad accogliere e a tradurre in atti concreti tutte le raccomandazioni approvate dalle organizzazioni internazionali, a cominciare da Onu e Unesco. Sono necessari provvedimenti per permettere ai giornalisti di lavorare in sicurezza. Non meno importante è la battaglia per i diritti del lavoro: il precariato, sempre più diffuso, è una condizione che offende la dignità della persona e nel caso dei giornalisti li rende meno liberi. A farne le spese è la qualità dell’informazione, essenziale per la tenuta di ogni qualsiasi democratico.
I giornalisti, dal canto loro, sono chiamati a rispettare i loro doveri professionali, rifuggendo dal linguaggio dell’odio, dalle fake news, dall’antisemitismo, dall’islamofobia e dal razzismo più in generale.
La due giorni si è conclusa con la visita alla sede di Al Jazeera, dove giornalisti di tutto il mondo, guidati da Jim Boumhela, leader dell’Ifj, hanno espresso solidarietà ai colleghi della tv araba, leggendo in diretta tv messaggi ed inviti a non arrendersi. (giornalistitalia.it)

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