Domani a Bologna, dalle 9.30 alle 12.30, contro il licenziamento di 9 lavoratori su 30

Edizioni Dehoniane, primo sciopero in 60 anni

Centro DehonianoBOLOGNA – Primo sciopero con manifestazione pubblica, in 60 anni di storia, per i lavoratori del Centro Editoriale Dehoniano, una delle maggiori case editrici cattoliche in Italia, dopo l’annuncio dell’azienda di voler licenziare 9 lavoratori su 30, senza prendere in considerazione le proposte alternative presentate dalle organizzazioni sindacali.
I lavoratori manifesteranno domattina, martedì 15 settembre, dalle ore 9.30 alle 12.30, a Bologna davanti alla sede della Provincia dehoniana dell’Italia settentrionale, in via Sante Vincenzi 45, in zona Cirenaica.
Il 4 settembre scorso, la Direzione del Centro editoriale dehoniano (Ced) ha, infatti, comunicato alle organizzazioni sindacali che la chiusura delle riviste Il Regno, Settimana e Musica e Assemblea – annunciata dall’azienda nello scorso luglio – è conseguenza di un aggravamento della situazione economico-finanziaria del gruppo, e ha dichiarato – in conseguenza di questo aggravamento – nove esuberi, tramite l’apertura di una procedura di mobilità.
Il RegnoLe organizzazioni sindacali e la Rsu hanno proposto un percorso di risanamento per far fronte a questa situazione, che prevede un accordo per l’apertura, alla fine del contratto di solidarietà attualmente in essere, di una cassa integrazione guadagni straordinaria, dichiarando contestualmente i numeri dei possibili prepensionamenti nel corso del biennio 2016-2017.
Il sindacato ha, inoltre, ricordato che in data 11 febbraio 2015 era stato sottoscritto un accordo-ponte, proprio per rispondere alla crisi già conclamata; accordo che ha previsto l’apertura di un contratto di solidarietà e la rinuncia temporanea da parte dei lavoratori a una parte pesante della loro retribuzione di secondo livello.
L’azienda ha rifiutato tale percorso, dichiarando che non intende escludere la cassa integrazione a zero ore, ovvero vuole identificare i lavoratori che saranno condannati al licenziamento, per cui quindi non è disponibile a predisporre percorsi di ricollocazione a fronte delle attività scomparse o ridotte. Inoltre intende non accontentarsi di quanto previsto nell’accordo già siglato, eliminando integralmente le voci consolidate economiche di secondo livello.
I lavoratori, riuniti in assemblea, hanno immediatamente dichiarato una giornata di sciopero, a cui ha aderito praticamente la totalità dei lavoratori. Sono rimasti, quindi, in assemblea permanente per valutare le necessarie forme di mobilitazione affinché l’azienda riveda le sue posizione e ritorni su un terreno di corrette relazioni sindacali.
SettimanaI lavoratori intendono, inoltre, ribadire che “la scelta aziendale di comunicare la chiusura delle maggiori riviste storiche del Centro viene ritenuta controproducente, sia rispetto alla missione del Ced, sia rispetto all’immagine che ha da sempre trainato anche gli altri ambiti editoriali dell’azienda; il Ced viene a caricarsi di costi e debiti anche di società collegate (i cui lavoratori peraltro ne hanno già pagato e stanno pagando il costo), senza che sia stato possibile affrontare organicamente e unitariamente questa situazione”.
Musica e AssembleaI lavoratori, soprattutto e prima di tutto, esprimono “il più profondo sconcerto nel prendere atto che il rifiuto opposto dall’azienda alle loro proposte colpisce un delicatissimo profilo etico” e ritengono che “tutti debbano farsi carico di uno sforzo di risanamento equo e condiviso, e quindi considerano immorale individuare come capro espiatorio solo alcuni lavoratori”.
“Perché – denunciano i dipendenti del Ced – questo è il nodo: nel momento in cui l’azienda non accetta di aprire un ovvio percorso di ricollocazione (anche perché in gran parte si tratterebbe di figure editoriali all’interno di un’azienda editoriale), si condannano i lavoratori a essere espulsi da subito come esuberi, o nella forma dei licenziamenti o nella forma della Cigs a zero ore. Una mortificazione inutile, anche sotto il profilo economico, e che lede gravemente pure quello spirito di collaborazione che sinora gli accordi sindacali erano riusciti a mantenere tra i lavoratori e con l’azienda”.

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