Impressum e Syndicom ed editori potrebbero colmare il vuoto che dura da 15 anni

Contratto giornalisti: Svizzera verso il rinnovo

Ccl Media SvizzeraLUGANO (Svizzera) – I media svizzerotedeschi e ticinesi potrebbero avere presto di nuovo un contratto collettivo di lavoro (Ccl) dopo un vuoto che dura dal 2004. Le delegazioni delle parti sociali si sono già trovate d’accordo sul metodo di lavoro e hanno fissato sette round negoziali da tenersi entro giugno 2018. Il nuovo Ccl potrebbe entrare in vigore al più presto da gennaio 2019.
Il primo round negoziale si è già svolto lunedì scorso, 16 ottobre, riferiscono in una nota congiunta le parti sociali: Impressum e Syndicom per il personale redazionale, Schweizer Medien e Stampa Svizzera per gli editori svizzerotedeschi e ticinesi. Il nuovo Ccl – aggiungono – deve definire le condizioni di lavoro minime dei giornalisti e del personale tecnico delle redazioni nelle due regioni linguistiche.
ImpressumNella prima seduta si sono definiti il metodo di lavoro e le date delle prossime sette riunioni. I contenuti sono stati suddivisi in otto “blocchi tematici”. In primavera saranno organizzate consultazioni nell’ambito delle rispettive assemblee e organi dirigenti, in modo da assicurarsi che i risultati delle trattative abbiano un ampio sostegno da parte dei dipendenti come dei datori di lavoro. L’ultima parola spetterà in ogni caso alle assemblee di ciascuna associazione coinvolta nei negoziati. Se ci sarà accordo il nuovo Ccl potrebbe entrare in vigore nel gennaio 2019.
logo_OKI giornalisti svizzerotedeschi e ticinesi sono senza un contratto collettivo dall’agosto 2004. Gli editori avevano, infatti, deciso di non rinnovare quello allora vigente. Mentre oltre Sarine, dopo la denuncia da parte padronale del Ccl romando in vigore fino a fine 2006, le parti sociali avevano potuto negoziarne uno nuovo, nel resto del paese non si è da allora riusciti a trovare un accordo.
Da parte sindacale, nel 2004, il fallimento delle trattative per il rinnovo del Ccl era stato attribuito alle “condizioni inaccettabili” poste dagli editori, come l’abolizione dei minimi salariali. Per la parte padronale, questi ultimi andavano definiti a livello d’impresa, viste le situazioni alquanto differenti dei vari media. Oggetto di critica era stata allora anche l’esclusione dal Ccl del personale tecnico redazionale. (sda/ats)

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