Il direttore del Tg de La7: “Fabbricatori di notizie false è un’offesa non sanabile”

Bufale, Mentana: “Grillo si trovi un avvocato”

Enrico Mentana

Enrico Mentana

ROMA – Un’identificazione diretta per chi scrive sulla Rete, ovvero “dovrebbe esserci l’obbligo di certificare la propria identità e quindi di essere riconoscibile”: è questa la sola vera arma per contrastare le “bufale” su internet, secondo Enrico Mentana, che in un’intervista al Fatto Quotidiano ha lanciato questa proposta.
Il diritto della libertà di espressione “non può essere represso”, sottolinea il direttore de La7, semmai va regolato. L’idea – rilanciata dal presidente dell’Antitrust, Pitruzzella – di dare vita ad un’agenzia pubblica che monitori le notizie false sul web trova un Mentana come sempre “contrario alle censure e alle sanzioni”, ma non contrario all’idea di un organismo di fact-checking. Ad una condizione però: “Deve valere per tutti i settori, non solo per il web. L’informazione deve essere verificata a ogni livello, per ogni organismo che possa diffondere notizie false. Per farlo, però, dovrebbe esserci un esercito, è questo il problema di fondo dell’idea di un ente pubblico”.
Per Mentana, quindi, sarebbe più agevole “che agisse il sistema che veicola le informazioni o i commenti, da Facebook a Google”. Certo, questo non basterebbe, perché per l’appunto la sola arma che possa essere efficace è “l’identificazione diretta” di chi inserisce notizie sul web.
Ci vuole l’obbligo di certificare la propria identità e quindi di essere riconoscibile, “capita che si esprima il proprio pensiero e ci siano commenti del tipo ‘stai zitto bastardo di merda’, firmato da XYZ. Indenunciabile. L’identità non può essere nascosta: puoi essere libero di dire ciò che vuoi, ma devi metterci nome e cognome. Il vero nemico, in una società libera, è l’anonimato”.
Mentana in proposito non manca di ricordare che “chi fa informazione ha dei vincoli, tra cui quello della responsabilità del direttore anche sul lavoro dei propri giornalisti”.
“Se si costringesse chi è sul web a essere raggiungibile e identificabile, non ci sarebbe bisogno di alcun ente censore che, oltretutto, genererebbe una lunga sfilza di contenziosi, decenni per decidere chi abbia ragione ed eventuali tribunali civili”, ha spiegato il direttore de La7, sottolineando che “se qualcuno volesse avvelenare i pozzi, dovrebbe metterci la firma. Dovrebbe esserci un social network nazionale, a cui ci si registra con nome e cognome e dove puoi anche scrivere ‘sei un coglione’ o che Berlusconi è incensurato, ma firmato”.
Di certo, il sistema di informazione “sta trasmigrando sul web e deve trovare un nuovo equilibrio. Ma quell’informazione è fondamentale perché certificata dal mittente. Può anche diffondere una baggianata: ma se ne conosce l’autore e può essere sanzionato. Anche non comprando più il giornale. In politica è sempre esistita un’informazione non certosina: nascondere la trave nell’occhio amico e cercare la pagliuzza altrui. Però non esiste che un articolo non firmato la passi liscia se diffama una persona. Oggi – dice ancora Mentana nell’intervista al Fatto Quotidiano – pretendiamo trasparenza su tutto, anche sulla provenienza del riso. È impensabile che non sia lo stesso per l’informazione”.
Infine alla domanda se le “fake news” abbiano influenzato l’elezione di Trump alla Casa Bianca o anche l’esito dei referendum italiano e inglese, il direttore de La7 replica che “l’informazione negativa influenza sempre in qualche modo una campagna elettorale. Si pensi a quella su Berlusconi, fatta per anni. Altro discorso è invece il macigno sulla ‘post verità’: sulle elezioni americane, dall’Italia, era chiaro che le informazioni contro Trump fossero molto più numerose di quelle contro la Clinton. È ridicolo oggi raccontare il contrario. Otto anni fa si leggevano articoli su quanto fosse fico Obama perché usava i social network per la sua campagna. E oggi? Capovolgiamo il concetto solo perché ha vinto Trump? Il termine ‘post truth’ è da un lato troppo ingenuo, dall’altro troppo ingegnoso. E comunque è troppo generico. Non è altro che la balla dell’altro, mentre la tua, di balla, passa come una considerazione. Il voto, in realtà è viscerale: il ritratto arriva dopo. Accattivante o repellente che sia”.
“In attesa della giuria popolare chiedo a Grillo di trovarsi intanto un avvocato. Fabbricatori di notizie false è un’offesa non sanabile a tutti i lavoratori del tg che dirigo, e a me che ne ho la responsabilità di legge. Ne risponderà in sede penale e civile”.
Lo dice su Facebook Enrico Mentana commentando il post del leader del M5S Beppe Grillo dal titolo “Una giuria popolare per le balle dei media”. Nel testo, Grillo auspica appunto di creare questo tipo di organismo che “determini la veridicità delle notizie pubblicate dai media”. (agi)

 

 

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